LA SVOLTA DELLA "NUVOLA"

Cloud computing, è guerra dei prezzi

Sale la pressione sui fornitori di servizi Ict con i tagli di tariffa praticati dalle multinazionali. Amazon, Google e Microsoft all’attacco
della “nuvola”

Pubblicato il 26 Giu 2014

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Le multinazionali dell’Ict hanno portato a nuovi livelli la guerra del cloud computing, con il taglio radicale dei prezzi e una grossa ondata di investimenti sui datacenter. Sono mosse che avranno la conseguenza di estendere il ruolo del cloud nelle aziende di tutto il mondo; ma anche metteranno una pressione mai vista sui margini di profitto dei fornitori di servizi Ict (cloud e non). Operatori telefonici compresi. Negli ultimi tre mesi, Google ha tagliato i prezzi del 30-85% (a seconda dei servizi cloud), subito seguita da Amazon (7-65%). Secondo una comparativa di Rightscale, ora i prezzi delle due aziende sono equivalenti (uguali per le richieste standard, mentre per quelle di livello elevato Google è più economico ma Amazon fornisce più risorse). Subito dopo Microsoft ha tagliato del 35% le offerte cloud per computing e del 65% quelli di storage. Adesso è dell’1-6% più economico di Amazon. Quest’azienda, prima a partire con il cloud e attuale leader del mercato, ha tagliato i prezzi 42 volte negli ultimi otto anni.

Allo stesso tempo, dai bilanci risulta che nei primi tre mesi dell’anno le tre aziende hanno speso in tutto 4,6 miliardi di euro in infrastrutture (Capex), cioè il 65% in più rispetto al 2012, mentre i ricavi sono aumentati “solo” del 12%. Il motivo principale, riconosciuto da tutte e tre, è che hanno voluto potenziare i datacenter per i servizi cloud. “Google sta costruendo datacenter prima ancora di averne bisogno. L’aumento del capex sta preoccupando gli investitori”, dice Carlos Kirjner, di Bernstein Research. È arrivato a 7,4 miliardi di dollari nel 2013: il doppio del 2012. Nel caso di Amazon è aumentato del 61%, a 1,1 miliardi nel primo quarto del 2014, “in larga parte per investimenti infrastruttura tecnologica, inclusi i servizi Amazon web service (cioè cloud, ndr)”, si legge nell’ultimo rapporto finanziario dell’azienda.
Il nuovo Ceo di Microsoft, Satya Nadella, a maggio ha spiegato di stare investendo per rispondere alle esigenze delle aziende che vogliono spostare online i propri software.

Per l’Europa, la strategia di questi big si compone di un altro tassello: estendere la propria presenza locale, potenziando le proprie filiali per la vendita. Potrebbero però anche rafforzare l’aspetto infrastrutturale, magari facendo accordi con gli operatori telefonici che hanno reti di datacenter (come Amazon starebbe valutando con Telecom Italia, secondo voci di mercato). Gli scopi sono molteplici: migliorare la fiducia delle aziende e i livelli di servizio offerti, mostrandosi come partner a loro vicini; riuscire, grazie a una più radicata presenza locale, a soddisfare meglio le diverse normative cloud nazionali.
I grandi Ott si stanno mostrando gli attori più adatti a sostenere la nuova guerra sul cloud. Hanno una scala che permette loro di investire in efficienti datacenter anche a costo della perdita di profitti nel breve periodo. “Gli Ott e i grandi vendor IT stanno facendo avanguardia per l’ottimizzazione dei datacenter grazie alle tecnologie di virtualizzazione Sdn e – ultima novità – l’Nfv (Network function virtualization”, spiega Daniela Rao, analista di Idc.

Una conseguenza è che i servizi cloud diventeranno sempre più economici e affidabili grazie all’aumentata efficienza dei datacenter, e quindi più diffusi. In un circolo virtuoso che, con la crescita della scala, ridurrà ancora di più i costi. Buone notizie soprattutto per startup e sviluppatori, che in passato non hanno trovato sempre convenienti i prezzi del cloud. Di fatto non lo sono stati per quelle funzioni che richiedono risorse costanti nel tempo. La tendenza, con il calo dei prezzi, è che il cloud diventerà conveniente per una crescente gamma di utilizzi. L’altra conseguenza è che crescerà la pressione sui margini, in particolare sui fornitori più piccoli; i meno capaci di sostenere la guerra dei prezzi e degli investimenti. “Gli operatori telefonici devono cercare di stare al passo con gli Ott, investendo di più su questo fronte”, dice Rao.

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