MERCATI

I cellulari cinesi alla pari dei top coreani e Usa?

Il P8 di Huawei è il simbolo di un cambio di passo delle aziende cinesi: non più “copiare” ma innovare. Il sogno americano lascia il campo a quello cinese?

Pubblicato il 16 Giu 2015

Antonio Dini

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C’è un pregiudizio che accompagna le aziende cinesi. Non ha a che fare con la qualità dei materiali, il livello di produzione, il prodotto finale. Il tema invece è quello dell’innovazione. Il pregiudizio è che a innovare siano gli americani, in piccola parte i giapponesi, europei e adesso coreani. Invece, i cinesi “seguono”, che poi è un modo elegante per dire che copiano. E se è vero che ci sono aziende come la cinese Xiaomi che hanno fatto “dell’omaggio ad Apple” una vera e propria arte, per così dire, ce ne sono altre che invece stanno viaggiando a una velocità diversa.

Da una decina di anni Huawei è presente in Europa, a partire dal settore degli impianti per il networking. Oggi l’azienda è cresciuta ancora di più, diventando un soggetto interessante. Che rappresenta bene il cambiamento di passo dell’economia cinese, sempre meno interessata a seguire e sempre più interessata a guidare: si vede con Alibaba su Internet, si vede con Lenovo nel settore dei server oltre che dei laptop. Invece, per dare un esempio della punta dell’iceberg, vale la pena parlare per un attimo di un telefono cellulare.

In teoria l’oggetto più “umile” nella produzione di una multinazionale presente su decine di segmenti di mercato diversi, eppure Apple e Samsung hanno costruito o rafforzato le loro fortune proprio con questo tipo di hardware. Anzi, dalla rivoluzione fatta partire da Steve Jobs nel 2007 con il primo iPhone a oggi, le soluzioni veramente innovative trovate dai suoi competitor sono state ben poche. Di solito si pensa a Samsung, a qualche recente telefono della Nokia post-Nokia (adesso Microsoft), magari a Motorola o Htc. Invece, in uno spazio davvero affollato e “stretto”, a farsi largo con innovazione e coraggio è proprio Huawei.

L’azienda cinese ha presentato da poche settimane il P8. Telefono da 450 euro con schermo 4,7 pollici (5,2 per la versione Plus), più sottile di iPhone 6 e Samsung Galaxy S6, fotocamera da 13 megapixel, software di sistema per gestire il consumo da parte delle applicazioni (aumento radicale dell’autonomia con due giorni di pieno utilizzo), processore Kirin 930 octa-core e tre GB di RAM. Completano l’apparecchio una memoria da 16 GB espandibile e una batteria da 2680 mAh.

CorCom ha provato per alcune settimane il telefono. Che nell’utilizzo normale evidenzia vantaggi rispetto alla maggior parte dei telefoni Android nella sua fascia di prezzo e permette di competere tranquillamente nella fascia tra 600 e mille euro, quella cioè dove si trovano il Galaxy S6 normale o Edge di Samsung e l’iPhone 6 di Apple. La flessibilità di utilizzo, la potenza della fotocamera e la disponibilità di sistemi di alta qualità e accessori integrati (cover, auricolari bluetooth dedicate), decine di funzioni che sarebbe troppo lungo riassumere qui e una certa piacevolezza nel design, lo rendono un apparecchio bello, desiderabile, altrettanto funzionale ma più economico della concorrenza.

Lo stile che sta portando avanti la Cina e Huawei in particolare può essere riassunto in questo apparecchio telefonico: innovazione, design, prezzi più contenuti. È la punta dell’iceberg, l’esempio perfetto della nuova fase in cui si muovono oggi i colossi cinesi: non più “omaggi” ma innovazione. E sempre più manager europei, espatriati che hanno ritrovato un’orbita possibile in Cina o lavorando per le aziende cinesi, si muovono attorno a questi nuovi attori del mercato. Un esercito di riserva di commerciali, marketing, amministrativi che ha trovato una nuova bandiera da stampare sulla busta paga. Il “sogno americano” lascia il campo al “sogno cinese”?

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