MERCATO

Il 2015? Un anno a tutto cloud

L’anno che si sta per chiudere ha registrato un interesse crescente per i nuovi servizi da parte delle aziende. Secondo Google il 60% delle app aziendali passeranno alla nuvola nei prossimi due anni

Pubblicato il 14 Dic 2015

Antonio Dini

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Si può dire di tutto di Google tranne che non ci creda, al cloud. L’azienda nata come motore di ricerca e diventata un gigante della Silicon Valley infatti basa praticamente tutto il suo modello di business e la sua tecnologia sulla nuvola. Le cose accadono nella stratosfera dei suoi giganteschi datacenter e poi ricadono sul pianeta di noi comuni mortali, siano i servizi di posta per i privati che gli album di foto online oppure il motore delle app per le aziende.

Chi meglio di Google allora per capire, dopo 10 anni di lavoro per l’evoluzione di questo settore, cosa è successo negli ultimi dodici mesi, cioè nel 2015? Un anno di profonde trasformazioni, in cui si sono diffuse sempre più i container e le applicazioni multi-cloud, per esempio. Ma c’è di più. Vediamo quali sono i trend topic del 2015 secondo Google e poi scopriamone di nuovi: twittando (o scrivendo sui social, da G+ a Facebook) la vostra opinione non dimenticate di mettere gli hastag #CloudTop10 e #CorComCloud

Cominciamo dalle aziende, che nel 2015 hanno incontrato la cloud. Per la maggior parte delle organizzazioni, la tecnologia cloud non è più una questione di “se”, ma di “quando”. E, secondo nuove stime, il passaggio potrebbe avvenire anche prima di quanto potreste pensare: per il 34% delle aziende intervistate più del 60% delle proprie app saranno ospitate su una piattaforma cloud nei prossimi due anni. In vista di questi cambiamenti, la maggior parte dei vendor si sta preparando a supportare i carichi di lavoro delle imprese. Alcuni esempi sono la partnership tra Microsoft Azure e HP, o i tipi di macchina personalizzati offerti di Google.

Il cloud vuol dire anche nuovi modi di lavorare: tra questi il più particolare sono i container, che stanno per diventare mainstream. Anche solo un anno fa, molti sviluppatori non avevano ancora neppure provato i container. Tornando al 2015, invece, abbiamo riscontrato che i container siano stati utilizzati non solo per il testing ma anche nella produzione, in moltissimi casi: secondo un recente sondaggio, l’uso dei container è cresciuto di cinque volte quest’anno. Come è potuto succedere così in fretta? Parte del merito va alla presenza di tecnologie open source affidabili come Docker e il progetto Kubernetes, che hanno permesso ai vendor di accelerare il passaggio ai container. Questo è successo, ad esempio, nei casi dell’integrazione di vSpheredi VMware, del client Docker per Windows di Microsoft e del Container Engine della stessa Google.

E poi ci sono i big data, che richiedono analisi e insight alla loro altezza. Nel 2015, i big data non sono stati all’altezza delle aspettative. In un sondaggio del maggio scorso, il 77% delle organizzazioni ha dichiarato che i big data e le relative analisi non hanno dato i risultati sperati. Ora mentre le evidenze sono piuttosto chiare, la causa è complessa. I silos organizzativi, l’attrezzatura con alti costi di manutenzione e la necessità di adottare strumenti migliori sono sicuramente parte del problema. Ma qual è la soluzione? Probabilmente è rendere gli strumenti e i dati più accessibili agli analisti interni delle aziende, che con la loro conoscenza approfondita possono valorizzarli al meglio.

Il 2015 però è stato soprattutto l’anno del machine learning per tutti. I potenziali vantaggi di questa tecnologia di calcolo per l’intelligenza artificiale sono già evidenti da tempo. Ora, grazie a una maggiore capacità di elaborazione dei computer e dei data center, questo potenziale può finalmente essere messo a frutto. Per dare ulteriore spinta a questa evoluzione, le librerie software (come TensorFlow) stanno diventando open source, in modo che idee e informazioni possano circolare rapidamente attraverso il codice, e non solo nelle pubblicazioni dei ricercatori.

E arriviamo allo snodo più importante del futuro. L’Internet delle cose. Quando sente nominare l’Internet delle cose, la maggior parte delle persone pensa ai consumatori e, per fare un esempio, al collegamento tra il termostato e l’orologio o la TV. In realtà, sono proprio le imprese che stanno adottando in larga misura l’Internet delle cose. Entro il 2019, si stima che il mercato delle imprese rappresenterà 9,1 miliardi dei 23,3 miliardi di dispositivi connessi. Questo significa che la scalabilità dell’inserimento e dell’elaborazione dei dati basati su uno stream diventerà una parte fondamentale di tutte le strategie IT. Di conseguenza, sta crescendo l’interesse per tecnologie come Cloud Dataflow di Google e Apache Spark.

Il business delle API prende piede. Era ora, bisogna aggiungere. L’offerta agli sviluppatori di servizi on demand per le applicazioni è ormai un modello di business consolidato. Ne sono la prova società “unicorno” come Twilio e Okta. Entrambe hanno chiuso il 2015 con valutazioni superiori al miliardo di dollari, ed entrambe forniscono servizi che gli sviluppatori possono incorporare nelle proprie app.

Arriva anche una dose massiccia di Cloud ibrido, all’orizzonte. L’architettura multi-cloud non è una novità: si usa da anni come soluzione di backup o disaster recovery. Quello che è nuovo è la velocità con cui gli strumenti di coordinamento multi-cloud si stanno diffondendo; è sufficiente pensare a Kubernetes e Spinnaker di Netflix, che sono sempre più diffusi. Questo genere di scelta permette di evitare di legarsi esclusivamente a un unico vendor e, dato che le stime indicano che il 50% delle aziende utilizzerà cloud ibride entro il 2017, questa tendenza rimarrà costante.

Cambiamenti e chiusure alla vista. Con l’evoluzione dell’offerta delle piattaforme cloud, vediamo sempre più consolidamento sul mercato. Gli impegnativi requisiti di hardware e engineering della cloud sono sicuramente alla base di questa situazione. Quest’anno, però, una delle novità più interessanti è stata la conferma da parte di Rackspace che si concentrerà meno sull’offerta della propria cloud e più sul supporto di infrastrutture cloud di terze parti. Considerata anche la conferma ufficiale che HP chiuderà Helion a gennaio, questa tendenza continuerà sicuramente anche nel 2016.

La sostenibilità è importante, per questo molte aziende che forniscono servizi cloud diventano “verdi”. La volontà dei clienti è chiara: la cloud deve essere sostenibile e green. Sono ancora oggetto di discussione le modalità con cui l’efficienza ambientale dei data center più vasti e interregionali possa essere applicata anche a quelli locali, che non sempre hanno dimensioni che permettono soluzioni sostenibili.

E voi che ne pensate? Twittate, scrivere sui social (G+, Facebook e gli altri) la vostra opinione usando gli hastag #CloudTop10 e #CorComCloud.

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