L'OSSERVATORIO

Vola il cloud in Italia: mercato in crescita del 18%

Il settore sfiora i 2 miliardi di euro. I comparti manifatturiero (24%) e bancario (20%) big spender, seguiti da telco e media (15%) e utility oil & gas (10%). Ma le Pmi restano al palo. La ricerca dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano

Pubblicato il 04 Ott 2017

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Continua a crescere il Cloud in Italia: per il 2017 si stima un incremento del 18% negli ultimi 12 mesi, che lo porterà a raggiungere un valore di 1,978 miliardi di euro. In relazione alla sola componente di Public & Hybrid Cloud – ovvero i servizi Cloud forniti da provider esterni (Aws, Google, Microsoft Azure e altri) e gli “ibridi” tra provider pubblici e privati – si stima che il mercato valga 978 milioni, in crescita del 24%. Il ricorso al Virtual Private Cloud, ovvero l’esternalizzazione delle infrastrutture su porzioni dedicate di cloud pubblico (che non rispondono quindi alla definizione tipica di Cloud), arriva a valere 520 Milioni di euro, con un tasso di crescita del 16%. È quanto emerge dalla fotografia scattata dall’Osservatorio Cloud & Ict as a Service, giunto alla settima edizione e promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano.

“A livello internazionale il Cloud non conosce crisi, come dimostrano i dati di mercato che proiettano il mercato globale a poco meno di 100 miliardi di dollari per il 2017 con un tasso di crescita del 26% – spiega Alessandro Piva, direttore dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano – Anche in Italia oggi solo il 10% delle grandi organizzazioni afferma di non avere interesse ad utilizzare servizi in Public Cloud, mentre il 42% dei cio e dei Responsabili Innovazione afferma di utilizzare il Cloud per introdurre in modo rapido tecnologie innovative allo stato dell’arte. Vi sono inoltre importanti fattori esterni che favoriscono la crescita di questo mercato: il piano di sviluppo strategico del governo per la banda larga rappresenta il superamento di una barriera importante per le Pmi, che hanno l’opportunità di poter finalmente cogliere appieno le possibilità offerte dal Cloud; sul versante della Pubblica Amministrazione, invece, il piano triennale per l’informatica di recente approvazione punta in modo diretto all’obiettivo di razionalizzazione delle infrastrutture degli Enti e di utilizzo di servizi Cloud”.


Ma come si spalma la spesa? Il mercato del Cloud è in salute e mostra tassi di crescita sostenuti in tutti i settori di impresa. Tra i settori più dinamici vi è il manifatturiero, interessato dalle evoluzioni relative al piano Industria 4.0, che hanno portato nuova spinta alla spesa in innovazione digitale. Il settore Telco e Media è caratterizzato da tassi di crescita sopra la media, in un percorso di progressivo arricchimento dell’offerta di servizi digitali e di allargamento a differenti canali di fruizione. Anche nelle Utility/Oil & Gas la crescita del Cloud procede a ritmo sostenuto, con numerosi progetti strategici di Cloud Transformation. Per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione si attendono le implicazioni del nuovo piano triennale, che spinge in maniera decisa verso la razionalizzazione delle infrastrutture e i servizi in Cloud. Passando ad analizzare il mix di spesa nei diversi settori, il manifatturiero ha il peso maggiore (24%), seguito da bancario (20%), telco e media (15%), utility/ oil & gas (10%), altri servizi (10%). Completano il quadro PA e sanità (8%), grande distribuzione (8%) e assicurativo (5%).

Con riferimento all’area geografica, il centro accelera rispetto allo scorso anno, divenendo l’area con maggiore adozione, seguita da vicino da nord est e nord ovest. Il sud e le isole rimangono ancora attardati con una diffusione mediamente più bassa del 10%. L’intensità di spesa, misurata come percentuale della spesa IT dedicata al Cloud, risulta, in continuità con lo scorso anno, più elevata nel nord ovest, seguita dal centro, dal nord est ed infine dal sud e isole. In conclusione, la crescita di spesa rispetto al 2016 risulta particolarmente robusta nelle aziende del centro, seguite dal nord ovest e dal sud, mentre nel nord est si assiste ad una fase di assestamento, con tassi di crescita più contenuti.Lo sviluppo del mercato sta favorendo sempre di più l’adozione del Cloud nelle PMI, per cui si stima una crescita del volume di affari per il 2017 pari al +36%”- sottolinea Stefano Mainetti, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano – Seppur con dinamiche positive, la quota di mercato delle Pmi rimane ancora marginale rispetto alle grandi imprese, pesando solo l’11% del totale. Si evidenzia tuttavia una maturazione rilevante nell’utilizzo degli strumenti e la diffusione dei servizi Cloud aumenta in modo consistente rispetto allo scorso anno: nelle piccole imprese la percentuale di adozione passa dal 21% al 35%, mentre nelle medie imprese raggiunge il 52%, dal precedente 29%. La ricerca di quest’anno ha visto il coinvolgimento anche delle micro imprese, dove la diffusione raggiunge il 26%. Al contrario, la percentuale di imprese che si dice non interessata ad utilizzare servizi Cloud, vale il 20% per le medie, il 49% per le piccole e il 55% per le micro”.

Per quanto riguarda le grandi aziende, il 41% del campione fa già ricorso a servizi IaaS e molto diffuse risultano le soluzioni di Virtual Private Cloud (utilizzate dal 55% del totale) che permettono di godere di alcuni benefici del Public Cloud mantenendo un maggior livello di isolamento rispetto agli altri utenti dello stesso servizio.

La diffidenza principale verso l’adozione di soluzioni Cloud – attualmente percepita da un’azienda su due – continua ad essere costituita dall’integrabilità degli applicativi con i Sistemi Informativi interni, seguita dalla tematica della sicurezza e della compliance dei servizi Cloud, percepita come criticità da un terzo delle aziende in particolare, le Direzioni IT sono spesso diffidenti e caute di fronte alla possibilità di migrare verso soluzioni Cloud, temendo l’insorgere di problematiche relative alle policy aziendali e alla complessa normativa sul tema.


Nell’anno in corso, in Italia si è assistito a due principali atti di moto: da una parte il sostanziale consolidamento della parte di servizi applicativi fruiti in modalità SaaS, complice una diffusione massiccia sviluppata nel corso degli ultimi anni, dall’altra un arricchimento dell’utilizzo dei servizi infrastrutturali, che si stanno progressivamente spostando nella direzione delle piattaforme.
Le maggiori novità e i più alti tassi di crescita (+45%) riguardano i servizi di Piattaforma (PaaS): tra quelli più diffusi vi sono i database e data service ed i servizi a supporto dello sviluppo mobile e web. Ancora marginali, ma con trend di interesse superiore alla media, le funzionalità di abilitazione all’Artificial intelligence e ai Big Data Analytics.

I servizi applicativi (SaaS) consolidano la propria crescita (+23%) grazie all’ulteriore accelerazione nell’adozione di servizi di office automation e posta elettronica, arrivati a penetrare un’azienda su due nelle grandi organizzazioni, così come di servizi a supporto della gestione risorse umane ed e-learning (gestione documentale, firma elettronica). Un elemento di novità è la diffusione di servizi SaaS di Internet of Things (15%) e di artificial intelligence (10%), che pur mostrando un’adozione ancora limitata, sono caratterizzati da un interesse prospettico ben al di sopra della media.
Fra i servizi infrastrutturali (IaaS), nonostante il tasso di crescita più contenuto (+20%) si segnala un’ulteriore diffusione dei servizi rispetto al 2016, con l’ambito della continuity & disaster recovery in testa (20%) nelle intenzioni di investimento.


“Negli ultimi anni si è parlato molto di Big Data Analytics, di Internet of Things e oggi, in maniera sempre più forte di Artificial Intelligence, tutti trend alla base della trasformazione digitale delle organizzazioni – evidenzia Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Cloud & Ict as a Service del Politecnico di Milano – Il Cloud, fratello maggiore di queste portanti di innovazione, si posiziona in modo ortogonale, offrendo uno strato di abilitazione a nuovi modelli di creazione del valore. L’elemento che accomuna queste portanti è la centralità del dato, dagli strumenti orientati alla raccolta, fino al suo utilizzo, in contesti di supporto decisionale tradizionale o in algoritmi automatici in grado di auto apprendere. Seguendo questa prospettiva, è possibile ricavare una spesa Cloud dedicata a questa area di circa 160 Mln di Euro, per un peso complessivo di poco inferiore al 17% della spesa in Public & Hybrid Cloud totale”.

Nel percorso di avvicinamento al Cloud, l’esternalizzazione delle infrastrutture su porzioni di risorse dedicate, che non rispondono quindi necessariamente alla definizione di Cloud in termini di multitenancy, self service, on demand e misurabilità, è un’opzione spesso presa in considerazione. Quest’anno l’Osservatorio ha voluto monitorare in modo esplicito questa componente, sotto il nome di Virtual Private Cloud, che si stima per il 2017 valere 520 Milioni di euro, con un tasso di crescita del 16%.

“Lo scorso anno ha rappresentato per il Cloud il raggiungimento dell’età della ragione, con il concretizzarsi di rilevanti progetti di trasformazione nel Public Cloud per le infrastrutture critiche e la specializzazione dell’offerta di servizi verticali e “core” rispetto alle esigenze delle organizzazioni – conclude Alessandro Piva – Quest’anno, con il progressivo affermarsi di nuovi trend dell’innovazione digitale e il loro forte impatto sui modelli di business aziendali, per il Cloud si profila una nuova sfida: essere la piattaforma abilitante per la trasformazione digitale. Oggi il mercato è dinamico e ricco di opportunità e di sfide sia per i player dell’offerta, che vivono un contesto competitivo globale, che per le aziende utenti, che cercano nel digitale la possibilità di innovare prodotti e servizi. Il Cloud è un ecosistema ricco di servizi che possono essere interconnessi in infiniti modi per la creazione di valore: ripensare il modello di fruizione delle tecnologie non è più solo una scelta legata alla convenienza economica ma diventa un fattore critico per la competitività stessa”.

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