BRUXELLES

“Contrapporre privacy e sicurezza vuol dire fare il gioco dei terroristi”

Intervista all’avvocato Rocco Panetta, esperto di Internet e nuove tecnologie: “La cultura europea non può cedere il passo alla sottocultura della prevaricazione e all’ideologia della morte e del martirio”

Pubblicato il 23 Mar 2016

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L’avvocato Rocco Panetta, partner di NCTM Studio Legale, esperto di Internet e delle nuove tecnologie, si trovava a Bruxelles nelle ore degli attentati:avvocato, cosa ha provato?

“Sono momenti drammatici per tutti e tragici per le famiglie delle vittime degli attentatii. Dobbiamo essere tutti misurati, sobri e rispettosi del dolore altrui. Sono stati colpiti luoghi simbolo dell’Europa che stiamo costruendo. Le stazioni metro e aeroportuali usate quotidianamente da centinaia di migliaia di cittadini di tutta l’Europa che a Bruxelles costruiscono ogni giorno questo modello di democrazia e libertà che si chiama Unione Europea, sono un luogo aperto che simboleggia l’unione dei nostri popoli, non solo dal punto di vista geografico, ma sopratutto dal punto di vista dei valori condivisi di libertà e democrazia declinati nella Carta dei Diritti di Nizza. Io stesso, vengo spesso a Bruxelles e sono atterrato all’aeroporto di Zaventem perché avrei dovuto partecipare ad un dibattito organizzato da Microsoft sulla libera circolazione dei dati personali, negli uffici della società americana, che si trovano proprio nella strada parallela a rue de la Loi, all’altezza della fermata della metropolitana in cui è esplosa una delle varie bombe. Se stamattina fossi uscito un quarto d’ora prima avrei vissuto in prima persona l’orrore del terrorismo”.

E’ stato dunque fortunato. Ritorna inevitabilmente in queste ore la dicotomia “Più sicurezza, meno privacy”. E’ corretto?

“E’ sbagliato. Bene, anzi benissimo ha fatto il presidente del Consiglio Renzi a ribadire, anche in queste ore drammatiche in cui è più facile strizzare l’occhio ai sostenitori dello stato di polizia, che per combattere il terrorismo sono necessarie più risorse all’intelligence, alla polizia, ai militari, ma anche più risorse alla scuola e alla cultura, oltre alla necessità di un coordinamento forte tra i Paesi dell’UE. La privacy oggi è il più avanzato avamposto che presidia i diritti e le libertà di tutti. Privacy non è più segretezza e riservatezza, ma è l’esercizio delle libertà come deviante dalle nostre Costituzioni, ivi inclusa quella italiana e il Trattato dell’UE che ribadisce la centralità dei diritti e delle libertà fondamentali, che trovano proprio nella sicurezza e nella lotta al crimine il necessario contemperamento di interessi solo all’apparenza in conflitto. La cultura europea non può vacillare e cedere il passo alla sottocultura della prevaricazione, della discriminazione, dell’umiliazione delle donne e dei più deboli e all’ideologia che esalta la morte ed il martirio contro l’occidente. Per permettere però ai nostri principi e ideali di radicarsi e crescere, occorre evitare le facili semplificazioni che contrappongono privacy e sicurezza. Esse annullano tali principi, li negano e fanno il gioco dei terroristi”.

Tuttavia il dibattito continua a non trovare punti di equilibrio. E’ di oggi la notizia di una apparente risoluzione del conflitto che nelle scorse settimane ha caratterizzato i rapporti tra industria e istituzioni, riferendoci al noto caso FBI vs Apple. Come si concilia ciò con le tragiche vicende di queste ore?

“E’ vero. L’opinione pubblica è confusa dalla contraddittorietà delle notizie in circolazione. Da un lato, polizia ed intelligence chiedono collaborazione all’industria per contrastare al meglio la criminalità e il terrorismo, dall’altra l’industria denuncia l’eccessiva intrusività degli inquirenti, ergendosi a garante dei diritti dei consumatori e dei cittadini, contribuendo magari involontariamente ad alimentare la contrapposizione tra privacy e sicurezza. La verità è che siamo su un terreno di sabbie mobili. Ma al tempo stesso occorre ricordare alcuni dati di fatto. La tecnologia oggi permette di fare cose fino a qualche tempo fa inconcepibili. Tecnologie di riconoscimento facciale e biometrico oggi, come anche ai tempi dell’11 settembre, avrebbero permesso per tempo di riconoscere i terroristi che indisturbati circolavano in aeroporto prima di farsi esplodere. Ancora una volta la tecnologia avrebbe aiutato oggi come allora e nessuna legge vigente, in Europa come negli USA limita, in teoria, la raccolta di informazioni per prevenire o perseguire un reato. Ciò che oggi come allora non ha funzionato è l’attività di intelligence, ossia la capacità di lettura in tempo reale e costruttivo delle informazioni raccolte. Guarda caso, un’ora dopo gli attentati di oggi a Bruxelles, sono uscite le immagini dei presunti attentatori. Se questa attività di fosse fatta al momento giusto, forse qualche vita oggi si sarebbe salvata. Ma non c’è bisogno, per fare questo, di invocare leggi speciali o riduzioni dei diritti e delle libertà. La sicurezza va di pari passo con la privacy, così come con il godimento di tutti i diritti fondamentali che sono patrimonio del nostro mondo”.

Crede che gli avvenimenti di oggi possano costituire un freno alla creazione del digital single market e alla circolazione dei dati personali in Europa e nel mondo?

“Sicuramente questi eventi possono rappresentare un freno alle dinamiche in corso. Ma paradossalmente possono anche trasformarsi in un eccezionale acceleratore. I più grandi ideali e i sogni apparentemente irraggiungibili, come l’Europa, si sono potuti costruire proprio grazie alla tragica esperienza delle due guerre mondiali. Il nuovo ordine mondiale che deve scaturire dal conflitto globale in corso, non può essere quello tratteggiato nei deliranti proclami dell’Isis, ma deve essere un mondo caratterizzato da più diritti e libertà condivise che accompagnino la creazione di un solido mercato unico digitale, in Europa e nel mondo che si riconosce nei nostri condivisi valori di democrazia e libertà”.

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