CONCORRENZA

Criptomoneta o catena di S.Antonio? Multa da 2,5 milioni a OneCoin

L’Antitrust: vendite piramidali e informazioni ingannevoli ai consumatori. La criptovaluta un pretesto per “reclutare” nuovi utenti

Pubblicato il 10 Ago 2017

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Per promuovere l’acquisto della propria moneta virtuale la società One Life Network trasmetteva – servendo dell’aiuto di un gruppo di professionisti – informazioni scorrette ai consumatori sul prodotto e sul sistema di vendita “con caratteristiche piramidali”. E la conclusione a cui è arrivata l’Autorità garante della concorrenza al termine della propria istruttoria sulla criptovaluta, condotta in collaborazione con il nucleo speciale antitrust della Guardia di Finanza, stabilendo per la società una sanzione da 2 milioni e 595mila euro. Nello specifico le sanzioni riguardano One Life Network (per 2 milioni di euro), One Network services (500mila euro), Easy Life (80mila euro), nonché nei confronti dei registrants dei siti onecoinsuedtirol.it, onecoinitaliaofficial.it, onecoinitalia.com, ognuno dei quali è stato multato per 5mila euro.
“Le condotte in questione – si legge in una nota dell’authority – sono cessate in Italia a seguito dei provvedimenti di sospensione adottati prima nei confronti della società One Network Services e dei registrants dei siti onecoinsuedtirol.it, onecoinitaliaofficial.it, onecoinitalia.com e poi nei riguardi delle società One Life Network e Easy Life”.

Dall’istruttoria Antitrust è emerso che l’attività promozionale fosse incentrata sulla promessa che il consumatore, dopo aver acquistato un pacchetto di formazione, potesse ottenere gli OneCoin con il mining, e che successivamente tali monete virtuali avrebbero incrementato il loro valore in ragione della loro diffusione: “tutti elementi – spiega l’Antitrust – che non hanno trovato riscontro nel corso del procedimento. La proposta commerciale di One Life quindi era basata sulla prospettazione, falsa, di ingenti guadagni: ad esempio, l’acquisto del pacchetto da 27.530 euro avrebbe consentito di ottenere un controvalore di tre milioni di euro dopo solo due anni dall’adesione al programma”.

La diffusione di OneCoin, ha accertato l’authority, avveniva attraverso un sistema di vendita piramidale, “dal momento che il reclutamento di nuovi consumatori rappresentava il fine esclusivo dell’attività di vendita e veniva fortemente incoraggiato attraverso il riconoscimento di svariati bonus, unica effettiva e reale remunerazione del programma”. L’acquisto del kit di formazione infatti celava la fee d’ingresso necessaria per entrare nel sistema e convincere altri consumatori della bontà del prodotto. E la criptomoneta OneCoin, “di cui non è stato possibile verificare l’esistenza e la consistenza – sottolinea l’authority – era il pretesto per un sistema che aveva esclusivamente come obbiettivo (e si sosteneva attraverso) l’inserimento di altri consumatori”.

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