La Regione Lombardia ha compiuto un passo decisivo in un ambito strategico per l’economia digitale: la Giunta ha infatti approvato un Progetto di Legge che introduce disposizioni organiche sull’insediamento dei data center, ponendosi di fatto come apripista a livello nazionale. L’iniziativa è stata presentata dal presidente Attilio Fontana insieme agli assessori Massimo Sertori (Enti locali, Montagna e Risorse energetiche), Gianluca Comazzi (Territorio e Sistemi verdi), Giorgio Maione (Ambiente e Clima) e Guido Guidesi (Sviluppo economico).
Secondo Fontana, questo intervento normativo “potrebbe anticipare l’intervento di tipo statale” e nasce dalla volontà di colmare un vuoto normativo che fino a oggi ha lasciato gli operatori privati, i Comuni, le Province, la Città Metropolitana di Milano e la stessa Regione in una zona grigia regolatoria. Il settore dei data center, pur essendo ormai infrastrutturale, non è ancora disciplinato in modo unitario né a livello nazionale né regionale.
Per la Lombardia, che concentra oltre il 60% delle richieste di insediamento nazionali, definire “regole del gioco certe” è una necessità industriale: significa dare un quadro di riferimento stabile a investitori, enti locali e comunità che si trovano ad accogliere impianti ad alto impatto energetico e territoriale.
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Linee guida nazionali e regionali non bastano più
Negli ultimi anni non sono mancati documenti di indirizzo. A livello ministeriale, nel 2024 e nel 2025 sono stati pubblicati le Linee guida del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per garantire la continuità di alimentazione in caso di black out e la Strategia del Ministero delle Imprese e del Made in Italy per attrarre investimenti esteri nei data center. In Lombardia, la DGR 2629/2024 ha già fissato le prime linee guida per la realizzazione delle infrastrutture fisiche.
Tuttavia, come osserva l’assessore Sertori, questi strumenti restano frammentati e privi di un reale valore normativo unificante. Si tratta di cornici utili, ma che non rispondono al bisogno di una disciplina unitaria e cogente. Il PdL regionale prova a fare un passo ulteriore: da linee guida a norma, da raccomandazioni a regole.
In questo quadro, in assenza di una legge nazionale, la Regione sceglie di non rimanere ferma, assumendosi la responsabilità di definire procedure, criteri urbanistici e vincoli ambientali. È una mossa che potrebbe creare un precedente, se altre regioni dovessero seguire la stessa strada.
Obiettivi del PdL: governance, tempi certi e sostenibilità
Il progetto di legge lombardo mette a fuoco alcuni obiettivi di fondo. Il primo è la governance delle procedure autorizzatorie, che la Regione vuole riportare entro un quadro coordinato, con il coinvolgimento dei diversi attori istituzionali e l’individuazione di tempi certi per valutazioni e permessi.
Il secondo pilastro riguarda l’urbanistica: il PdL punta ad assicurare certezza e omogeneità sulla destinazione d’uso del suolo destinato ai data center, riducendo l’arbitrarietà locale e prevenendo conflitti con altri usi del territorio. In parallelo, l’attenzione si sposta sulle ricadute ambientali.
I data center sono infrastrutture energivore, con un consumo elettrico elevato e un forte fabbisogno di risorse idriche nei sistemi tradizionali di raffreddamento: si mira a governare il consumo energetico, limitare operazioni speculative e favorire l’uso di fonti rinnovabili. La Regione indica come prioritarie le aree dismesse, la valorizzazione del calore di scarto e le tecnologie alternative all’utilizzo massiccio di acqua, in una logica di economia circolare e risparmio delle risorse.
Quando il ricorso a suolo agricolo risulta inevitabile, il PdL prevede un contributo di costruzione maggiorato, destinato a misure compensative di riqualificazione urbana e territoriale.
Un testo negoziato con istituzioni, imprese e mondo accademico
Il PdL è il prodotto di un confronto esteso con i principali portatori di interesse pubblici e privati. Al tavolo hanno partecipato ANCI, UPL, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, le associazioni di categoria e l’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, a conferma della natura strategica di queste infrastrutture.
Con un testo di soli dieci articoli, Fontana e Sertori rivendicano l’obiettivo di dare “coordinate certe” al settore, in attesa di un quadro nazionale. L’idea è quella di un meccanismo snello, in grado di prevenire conflitti sulle nuove realizzazioni quando queste incidono sullo sviluppo urbanistico, sulle aree verdi, sul suolo agricolo e, al tempo stesso, devono rispondere alle esigenze del mondo economico.
La Lombardia, ricordano dalla Giunta, non può permettersi di affrontare in ordine sparso una domanda di insediamenti così concentrata sul proprio territorio. I data center che sorgeranno in Regione daranno un servizio non solo locale ma nazionale ed europeo, con la conseguenza che l’impatto energetico non potrà essere scaricato solo sui consumatori lombardi. Da qui la richiesta di proseguire il dialogo con il Governo, in particolare sul tema del prezzo zonale dell’energia.
Pastorella (Azione): “Così rischiamo un quadro frammentato, serve la legge nazionale”
L’approvazione del progetto di legge lombardo ha suscitato reazioni immediate sul fronte politico nazionale. Giulia Pastorella, deputata e vicepresidente di Azione, componente della Commissione Trasporti della Camera, pur comprendendo la scelta della Regione, richiama con forza la necessità di un intervento parlamentare organico.
Pastorella parte da una constatazione: l’iniziativa regionale nasce da un vuoto normativo nazionale. Ma proprio per questo, avverte, bisogna fare attenzione agli effetti sistemici. Nel suo intervento, la deputata afferma:
«Apprendiamo che Regione Lombardia ha approvato oggi un Progetto di Legge per regolamentare l’insediamento dei data center sul territorio regionale. È comprensibile che i territori si muovano per colmare un incomprensibile vuoto normativo nazionale per questo settore, ma il rischio ora è che si stia costruendo un quadro frammentato, diverso da Regione a Regione. Questo risultato sarebbe l’esatto opposto di ciò che servirebbe per fare dell’Italia un vero hub europeo dei data center, creando incertezza per gli investitori e rendendo più difficile garantire standard e procedure omogenee in tutto il territorio nazionale».
Se ogni Regione si muovesse in ordine sparso, l’Italia mandrebbe un messaggio contraddittorio proprio nel momento in cui dovrebbe cercare investimenti internazionali nel cloud e nelle infrastrutture digitali. La concorrenza per ospitare data center globali è fortissima e gli operatori guardano soprattutto a stabilità normativa, prevedibilità delle procedure e visione di lungo periodo.
Pastorella ricorda poi che la soluzione, almeno sulla carta, esiste già in Parlamento.
«In Parlamento, invece, esiste già una proposta di legge nazionale sui data center, condivisa da tutte le forze politiche, che punta – ha proseguito Pastorella – proprio a dare regole chiare e uniformi al settore, con particolare attenzione alle procedure autorizzative e alla sostenibilità. È pronta da mesi, e io stessa, insieme agli altri componenti della Commissione Trasporti che hanno lavorato a quel testo, siamo in attesa che l’iter si sblocchi, ma per ora giace a prendere polvere nei cassetti della Commissione, bloccata dall’inerzia della maggioranza e da resistenze interne al Governo».
Il rischio, nella visione della deputata di Azione, è duplice: da un lato creare un mosaico normativo disomogeneo, dall’altro inviare ai mercati internazionali il segnale di un Paese che non riesce a trasformare strategie e annunci in regole chiare e operative. Ed è proprio su questo scarto tra storytelling e azione concreta che si innesta anche la critica del Movimento 5 Stelle.
Iaria (M5S): “La legge delega è ferma, dal Governo solo annunci”
Sulla stessa linea critica, ma con un accento diverso, si colloca il Movimento 5 Stelle, che da tempo denuncia la distanza tra le dichiarazioni del Governo e la realtà normativa. Il capogruppo M5S in Commissione Trasporti e Telecomunicazioni alla Camera, Antonino Iaria, ricorda che sul tavolo esiste da mesi una legge delega sui data center.
In una nota, Iaria afferma:
«In Commissione giace da mesi una legge delega sui data center, che darebbe finalmente una cornice organica a temi che oggi Urso cita solo in chiave di annunci: localizzazione degli impianti, impatto energetico e idrico, utilizzo di rinnovabili, riuso del calore, criteri omogenei sul territorio, rapporto con le comunità locali e con le reti di trasporto e telecomunicazioni».
Qui il focus è sulla concretezza degli strumenti legislativi rispetto alle dichiarazioni di principio. Per Iaria, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, parla di hub nazionale dei data center e di transizione digitale, ma senza aver ancora dotato il Paese di quella cornice organica che dovrebbe guidare gli investimenti.
«La strada per farlo – puntualizza Iaria – è semplice: calendarizzare quella delega, aprire il confronto con Parlamento, territori e operatori e trasformare i principi generali in norme vincolanti, tempi certi e regole chiare per chi investe. Altrimenti – conclude il pentastellato – rischiamo l’ennesimo documento strategico che racconta un’Italia digitale che, nei territori, non esiste ancora»
Frammentazione vs modello: quale ruolo per la Lombardia?
Da un lato, l’iniziativa lombarda può essere letta come un tentativo di dare risposte immediate a un settore che non può più aspettare. Dall’altro lato, rischia di essere il primo tassello di un puzzle normativo disomogeneo.
La domanda di fondo è se la Lombardia possa diventare un modello da cui il legislatore nazionale trarrà ispirazione, oppure se il suo PdL rappresenterà solo una delle tante diverse soluzioni territoriali destinate a convivere senza una regia comune. Nel primo scenario, il progetto regionale potrebbe anticipare e orientare la futura legge nazionale; nel secondo, potrebbe diventare uno dei fattori di complessità per operatori che guardano all’Italia come a un mercato unitario.
In ogni caso l’era dei data center senza regole è finita, almeno a livello regionale. Il resto dipenderà dalla capacità del Parlamento di raccogliere il testimone e dare al Paese quella cornice complessiva che oggi manca.
Verso una governance più matura dei data center in Italia
I data center sono ormai il cuore pulsante dell’infrastruttura digitale: ospitano dati, applicazioni, servizi di intelligenza artificiale, piattaforme della pubblica amministrazione e dell’economia privata. La loro espansione, per lungo tempo considerata un tema soprattutto tecnologico, è diventata una questione di politica industriale, ambientale e territoriale.
La Lombardia, con il suo progetto di legge, tenta di governare questa trasformazione, combinando sviluppo economico, sostenibilità e pianificazione urbanistica. La politica nazionale, con la proposta di legge e la delega ferma in Commissione, è chiamata a decidere se fare di questo settore una priorità legislativa o lasciarlo in una zona grigia regolata a colpi di iniziative regionali.









































