BUSINESS

Dedagroup alla conquista del banking Usa

La società pronta ad investire 10 milioni di euro per l’implementazione della piattaforma BankUp all’interno della Federazione americana dei piccoli istituti di credito. Per il 2016 l’obiettivo di fatturato è 300 milioni di euro

Pubblicato il 20 Feb 2014

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Dedagroup punta in alto. I nuovi uffici americani all’interno dell’Empire State Building a New York rappresentano la metafora migliore per spiegare la strategia di un gruppo che, soprattutto attraverso l’ingresso in nuovi mercati e investimenti per 38 milioni di euro, mira a raddoppiare nel 2016 il fatturato, portandolo a quota 300 milioni di euro. Lo sbarco negli Stati Uniti è stato annunciato stamattina a Milano, durante una conferenza stampa in cui l’azienda trentina specializzata in prodotti Ict per il banking ha precisato un’ulteriore tappa del suo processo di ‘innogration’, “un brutto neologismo con cui indichiamo la nostra cultura dell’innovazione, dell’integrazione e dell’internazionalizzazione”, ha precisato Gianni Camisa, Ad di Dedagroup Ict Network. Grazie all’esperienza e ai contatti maturati in Messico, dove la vocazione di Dedagroup per i piccoli istituti bancari (a partire dal credito operativo in Italia) si è dimostrata l’arma vincente per cavalcare un mercato in rapidissima crescita e sempre più affamato di servizi informatici che garantissero sicurezza dei dati e trasparenza delle operazioni agli occhi degli organismi di controllo, lo sbarco negli Usa e nel mondo delle credit unions è stato il passo successivo più logico.

La testa di ponte per penetrare il mercato a stelle e strisce è la piattaforma BankUp, che verrà implementata nei sistemi della National federation of community development credit Unions, la Federazione a cui fanno capo circa 250 dei 6700 istituti di credito dislocati sullo sconfinato territorio americano e legati a doppio filo alle comunità locali. Per capire quanto è grosso il bottino, basti dire che circa 100 milioni di conti correnti statunitensi sono aperti in queste filiali, dove si gestiscono le finanze del 40% della popolazione economicamente attiva. Sul piatto c’è un investimento da 10 milioni di euro (disponibili anche grazie al contributo del partner finanziario Simest), grazie al quale è stata data vita alla joint venture Coop Core Development, detenuta al 51% dalla Federazione e al 49% da Dedagroup, che darà il via a un progetto pilota su quattro istituti americani.

La sfida riguarda per l’appunto l’integrazione delle strutture sul piano Ict in un contesto dove crescita non sempre è sinonimo di fusione, e dove anzi il forte legame a un territorio o a una comunità frena non poco i processi di aggregazione. “Diciamo da subito no a fusioni innaturali”, ha confermato Alessandro Pocher, vice direttore generale e responsabile divisione International business di Dedagroup. “Laddove le credit union sono espressione anche di determinati gruppi etnici non è possibile cambiarne la filosofia. E ciò nonostante, noi puntiamo a far evolvere questo sistema complesso in un orizzonte temporale molto lungo, sfruttando soprattutto il fatto che stiamo entrando in un settore che per i fornitori Ict dei grandi gruppi bancari rappresenta fondamentalmente un mercato di serie B. Il nostro punto di forza? Innanzitutto la volontà di non esportare semplicemente prodotti, ma competenze. E poi le caratteristiche della nostra piattaforma proprietaria server-based BankUp: scalabile, multilingua, multidivisa, con un’interfaccia semplice, e soprattutto sicura oltre che completamente tracciabile. Le difficoltà che ci aspettano? Non sarà facile riuscire a rendere da subito efficienti strutture così piccole, e per questo abbiamo già approntato un piano d’azione suddiviso in quattro attività: micro analisi delle performance, analisi dei contratti, definizione delle alleanze strategiche e valutazione di nuove acquisizioni per sviluppare ulteriori competenze”.

Per Dedagroup (che al di là del software per il banking produce anche applicazioni per la gestione aziendale in ambito farmaceutico e nel mondo del luxury/fashion, oltre a soluzioni per la P.A.) si tratta della terza base fuori dai confini nazionali, dopo lo sbarco in Francia e quello in Messico, e al netto delle attività gestite dalle aziende federate nel Gruppo tra Est Europa e altre migliaia di clienti in tutto il mondo. In futuro l’attenzione potrebbe essere rivolta alla Polonia. “Ma sempre mantenendo la nostra filosofia”, ha precisato Camisa: “crescere in maniera autonoma senza dipendere dalle logiche di internazionalizzazione dei nostri clienti”.

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