COMITATO CONSULTIVO

Diritto all’oblio, Google apre il “sito dei consulenti”

Online la lista completa degli esperti a cui BigG potrà ricorrere quando deve cancellare informazioni personali non aggiornate o dannose. E c’è anche un form per consentire agli utenti di esprimere opinioni

Pubblicato il 11 Lug 2014

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Google apre un sito con nomi e bio di tutti i membri del comitato consultivo di esperti chiamati a riflettere sulla questione “diritto all’oblio” e inaugura un form attraverso il quale chiunque può esprimere al comitato la propria opinione sul tema.

È quanto emerge da un intervento pubblicato oggi su The Guardian da David Drummond, responsabile dell’ufficio legale di Google, che torna sul tema del diritto all’oblio. Tema scaturito dall’iniziativa nata dal pronunciamento, il 13 marzo scorso, della Corte Ue, che in una sentenza aveva sancito la responsabilità del motore di ricerca anche rispetto al trattamento dei dati personali pubblicati su pagine web di terzi.

Ricordando che “oggi i motori di ricerca in tutta Europa si trovano di fronte a una nuova sfida, sulla quale abbiamo avuto solo due mesi per ora per ragionare”, Drummond scrive: “In passato abbiamo limitato le rimozioni che facevamo dal motore di ricerca ad un breve elenco: informazioni ritenute illegali da un tribunale (per esempio per diffamazione), contenuti piratati (a seguito di notifica da parte del titolare dei diritti), malware, informazioni personali come i dati bancari, immagini di abusi sessuali sui minori e altre cose vietate dalle leggi locali (come ad esempio materiale che glorifica il nazismo in Germania)”.

“Tuttavia – prosegue – la Corte di Giustizia Europea ha deciso che le persone hanno il diritto di richiedere che informazioni ‘inadeguate, irrilevanti o non più pertinenti, o eccessive’ siano rimosse dai risultati di ricerca che includono il loro nome. Nel decidere cosa rimuovere, i motori di ricerca devono tenere in considerazione anche il pubblico interesse. Questi – sostiene Drummond – sono, ovviamente, criteri molto vaghi e soggettivi. Il tribunale ha inoltre deciso che i motori di ricerca non si qualificano per una “eccezione giornalistica”. Ciò significa che un giornale potrebbe avere sul suo sito web un articolo su un individuo, articolo che è perfettamente legale, ma noi potremmo non essere in grado di mostrare legalmente i link a quell’articolo nei nostri risultati quando si cerca il nome di quella stessa persona. E’ un po’ come dire che il libro può stare in una biblioteca, semplicemente non può essere incluso nel catalogo della biblioteca”.

“È per queste ragioni – sottolineano – che non siamo d’accordo con la sentenza. Detto questo, ovviamente rispettiamo l’autorità della corte e stiamo facendo del nostro meglio per attenerci ad essa rapidamente e responsabilmente. È un compito enorme, dal momento che da maggio abbiamo ricevuto più di 70.000 richieste, richieste che riguardano 250.000 pagine web. Così ora abbiamo un team di persone che esaminano ogni singola richiesta, nella maggior parte dei casi con informazioni limitate e senza quasi nessun contesto”.

Drummond cita poi gli esempi che finora Google ha dovuto affrontare: ex politici che vogliono far rimuovere messaggi che criticano le loro politiche quando erano in carica; criminali violenti che chiedono di cancellare articoli sui loro crimini; recensioni negative su professionisti come architetti e insegnanti; commenti che la gente ha scritto (e che ora si pente di avere scritto). In ciascun caso, qualcuno vuole che siano nascoste delle informazioni, mentre altri potrebbero volerle ben visibili.

“Quando si tratta di determinare – ha spiegato – ciò che è di pubblico interesse, prendiamo in considerazione una serie di fattori che includono: se le informazioni si riferiscono a un politico, una celebrità o altre figure pubbliche; se il materiale proviene da una fonte di notizie affidabile e quanto è recente; se si tratta di un discorso politico; questioni di condotta professionale che potrebbero essere rilevanti per i consumatori; il coinvolgimento in condanne penali che non sono ancora state “scontate”; e se l’informazione è stata pubblicata da un governo. Tuttavia tutte queste saranno sempre decisioni difficili e discutibili”.

Dopo aver sottolineato l’impegno di Google per la trasparenza, Drummond spiega che “in soli due mesi, il nostro processo è ancora molto in fase di sviluppo. È per questo che la scorsa settimana abbiamo erroneamente rimosso i link ad alcuni articoli (da allora i link sono stati ripristinati). La buona notizia è che il dibattito attivo che è in corso fornirà elementi per lo sviluppo dei nostri principi, norme e pratiche – in particolare su come bilanciare il diritto alla privacy di una persona con il diritto all’informazione di un’altra”.

“Ecco perché – annuncia – abbiamo anche istituito un consiglio consultivo di esperti, di cui annunciamo oggi la composizione definitiva. Questi esperti esterni, che provengono da mondo accademico, media, garanti privacy, società civile e dal settore della tecnologia, agiscono come consulenti indipendenti di Google. Il consiglio chiederà opinioni e suggerimenti a diversi gruppi di interlocutori e terrà incontri pubblici in autunno in Europa per esaminare questi temi più in dettaglio. La sua relazione pubblica conterrà raccomandazioni per le richieste di rimozione particolarmente difficili (come le condanne penali); riflessioni sulle implicazioni della decisione della corte per gli utenti europei di Internet, gli editori, i motori di ricerca e altri; e procedure che potrebbero migliorare la responsabilità e la trasparenza per i siti web e i cittadini”.

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