LE RICHIESTE A GOOGLE

Diritto all’oblio, sono i post su Facebook i più “rimossi”

A poco più di un anno dall’avvio dell’attività di rimozione di link su richiesta dei navigatori, Google fa il punto su numeri e tipologie di azioni. Richieste di rimozione per 1,1 milioni di link, di cui 620mila cancellati. I social network in vetta alla classifica

Pubblicato il 15 Lug 2015

Massimo Canorro

facebook-google-130524132321

Era il 13 maggio 2014 quando la Corte di giustizia dell’Ue, in risposta al reclamo del cittadino spagnolo Mario Costeja González, stabiliva che in mancanza di una replica da parte di un sito web spetta ai motori di ricerca occuparsi della soppressione dei link a contenuti di terze parti, ritenuti lesivi oppure eccessivi rispetto ai diritti della persona. Numeri alla mano oggi, dall’attivazione del modulo tramite il quale chiedere la rimozione di indirizzi, a Google sono state inoltrate richieste da parte di oltre 282mila cittadini europei per un totale superiore a 1,1 milioni di link; di questi, 602mila sono stati effettivamente cancellati, ovvero sono scomparsi dalle pagine dei risultati mostrate quando i navigatori cercano articoli o informazioni su un determinato argomento o su una persona. Complessivamente, dunque, il 58,7% delle richieste ha avuto un esito positivo.

Le statistiche, però, si concentrano anche sui singoli paesi dell’Europa (mentre alcuni giorni fa l’organizzazione Consumer watchdog ha inoltrato alla Federal trade commission una richiesta per estendere il diritto all’oblio agli Stati Uniti, un’iniziativa che segue quella francese della Commission nationale de l’informatique et des libertés che ha intimato a Google di estendere il diritto all’oblio a tutti i domini). Proprio dalla Francia, ad esempio, sono giunte in tredici mesi circa un quinto di tutte le richieste europee, ovvero 197mila, accolte nel 52% dei casi. Molte meno dal Regno Unito: 35.390, per un totale di 138.576 link, accettate il 63% delle volte.

Un dato interessante è che la gran parte dei moduli compilati puntano a post condivisi sui social network o su siti d’appuntamenti. In testa c’è Facebook, seguito da Profile engine – un portale specializzato nella ricerca di amicizie online – e da Youtube. Secondo il Daily mail, una parte non affatto irrilevante delle richieste è giunta anche da chi ha alle spalle un crimine: vi rientrano omicidi, violenze sessuali e azioni etichettate come atti terroristici. Un tema delicato, questo della sicurezza, sul quale si è espresso anche l’ex segretario alla cultura britannico Sajid Javid, sottolineando come Google “riceve quotidianamente un migliaio di richieste da parte di persone che, per qualsiasi motivo, preferiscono tenere segreti i loro trascorsi”.

Nel frattempo in Russia la Duma, il ramo basso del parlamento, ha approvato in seconda lettura – quella decisiva – la bozza di legge sul diritto all’oblio. Oppositori e blogger già temono che il provvedimento, che entrerà in vigore dal primo gennaio, celi il tentativo di rimuovere le informazioni negative riguardanti i politici. Pronta la risposta di Vadim Dengin, coautore della legge e primo vicepresidente del comitato della Duma di stato per le politiche dell’informazione, della tecnologia e della comunicazione. “Si tratta di un’iniziativa della popolazione, non delle autorità. I cittadini vogliono avere il diritto di eliminare quelle informazioni che non gli appartengono oppure che possono rovinare la loro reputazione”, ha dichiarato.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Argomenti trattati

Approfondimenti

C
consumer watchdog
S
Sajid Javid

Articolo 1 di 2