ACCORDO DI PARTENARIATO

Fondi banda larga, la Ue: tutto da rifare

La bocciatura dell’Italia contenuta nella lettera che il Corriere delle Comunicazioni ha potuto visionare. Smontato da cima a fondo l’Accordo di partenariato sull’impiego delle risorse strutturali europee: “Manca una regia nazionale”. Bacchettata anche l’Agenda digitale. Ora Bruxelles aspetta la nuova versione: toccherà a Renzi raddrizzare il tiro

Pubblicato il 25 Mar 2014

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Italia rimandata agli esami di riparazione sulla strategia nazionale di spesa dei fondi europei 2014-2020 destinati a banda larga e digitalizzazione della PA. Per la Commissione Ue il piano tracimerebbe di lacune e incongruenze rispetto ai parametri comunitari. Lo schema d’interventi previsti, inoltre, apparirebbe ancora troppo frammentario. “Manca l’affermazione di una regia nazionale”, è l’accusa di Bruxelles. Che, tra le altre cose, imputa alle autorità italiane un eccessivo margine d’indeterminatezza sulle motivazioni, gli obiettivi e le tempistiche delle azioni per la banda larga. E spunta anche un richiamo “a migliorare l’Agenda digitale nazionale”, di fianco ad una sostanziale valutazione negativa sull’attuale piano Piano Strategico Banda Ultralarga.

L’impietoso verdetto è messo nero su bianco nella missiva al governo italiano datata 10 marzo – e visionata dal Corriere delle Comunicazioni – con cui la Commissione smonta da cima a fondo l’intero impianto dell’Accordo di Partenariato italiano. Vale a dire il documento strategico nel quale, alla stessa stregua degli altri stati membri, il governo del Belpaese è chiamato a illustrare gli indirizzi che guideranno l’impiego dei fondi strutturali europei – in larga parte gestiti dalle regioni – per la programmazione finanziaria entrante.

Come già anticipato da alcune testate, nella lunga lettera di osservazioni, Bruxelles solleva ben 351 rilievi al testo inviato lo scorso 9 dicembre dall’allora Ministro per la Coesione territoriale Carlo Trigilia. E chiede di riscriverne o integrare ampie porzioni. A cominciare da quelle che interessano l’utilizzo dei 3,6 miliardi di euro (50% europei e 50% nazionali e regionali) destinati al Belpaese nel quadro dell’Obiettivo Tematico 2 della nuova politica di coesione comunitaria (Migliorare l’accesso alle TIC, nonché l’impiego e la qualità delle medesime) e suddivise in interventi per PA digitale, banda larga e sviluppo della domanda.

Secondo la Commissione in tutti e tre gli ambiti “manca una strategia globale volta ad affrontare le carenze in termini di infrastrutture, contenuti e servizi”. Sul banco degli imputati, come aveva del resto anticipato in gennaio il sito di AgendaDigitale.eu, è l’assenza di un piano nazionale per l’uso dei fondi europei per il digitale. L’Italia, scrive la Commissione, “dovrebbe affermare una regia nazionale col compito di coordinare e guidare l’attuazione di tutte le azioni relative all’Ict per l’attuazione sia delle misure di espansione delle Ngn che della Strategia di Crescita Digitale”. Il sottinteso è che l’impostazione adottata sino ad oggi, e incardinata su una pluralità di piani regionali, si è rivelata poco efficiente.

Le osservazioni di Bruxelles colpiscono al cuore anche il complesso d’interventi diretti ad accorciare il digital divide. “Non si affronta adeguatamente il divario relativo all’infrastruttura di banda larga ad alta velocità”, taglia corto la Commissione, “né vengono indicate le azioni più opportune per raggiungere i target di 30 e 100 Mbps”. Peggio, il traguardo dei 100 Mps non verrebbe proprio preso in considerazione dal documento italiano, mentre sui 30 Mbps mancherebbero riferimenti chiari agli “obiettivi e le relative tempistiche”.

E tra le righe affiora anche lo scetticismo di Bruxelles nei confronti della ripartizione geografica dei fondi, concentrati all’80% nelle regioni “sottosviluppate” (Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata). A quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni, i servizi comunitari avevano anche previsto di bacchettare l’entità dello stanziamento impegnato – già al centro di un giallo nel mese di gennaio di cui si era occupato anche questa testata – reputandola troppo modesta. Ma questo rilievo è stato per ora accantonato.

Ancora, Bruxelles domanda chiarimenti sugli interventi “relativi all’e-Government e all’e-Procurement” ed esige sostanziali integrazioni e migliorie su quelli in materia di “e-Skills, professionisti dell’Ict, e-Learning, commercio elettronico, e-Culture, turismo, agricoltura e Tic nelle imprese”. “Il documento italiano – secondo l’Esecutivo europeo – non considera le competenze informatiche come competenze chiave per migliorare l’occupazione nonostante la loro importanza nell’attuale contesto economico”.

Ce n’è anche per l’Agenda digitale italiana: “Si richiama l’attenzione sulla necessità di migliorare l’attuale progetto, che dovrebbe essere modificato alla luce delle osservazioni della Commissione”. Mentre l’attuale Piano Strategico Banda Ultralarga (malgrado fosse stato autorizzato dalla stessa Commissione Ue) “non può essere considerato un piano coerente con i criteri” comunitari dettagliati nei regolamenti sulla politica di coesione 2014-2020. Al governo Renzi toccherà dunque raddrizzare il tiro. La Commissione Ue attende una versione rivista dell’Accordo di partenariato entro l’estate.

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