LO STUDIO

Idc: l’Internet of Things moltiplicherà l’universo digitale

Idc: l’impatto delle tecnologie emergenti porterà il volume mondiale dei dati a 44 trilioni di Gb nel 2020. Ad oggi sono già 14 miliardi i dispositivi in grado di comunicare attraverso la Rete

Pubblicato il 09 Apr 2014

L.M.

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L’Internet of Things fa sì che l’universo digitale moltiplichi le sue dimensioni ogni biennio, con una crescita che sarà pari a dieci volte tra il 2013 e il 2020, passando dai 4.4 trilioni di gigabyte ai 44 trilioni di gigabyte.

È quanto emerge dai risultati della settima edizione dello studio Emc Digital Universe, realizzato da Idc, che fotografa e stima la quantità di dati prodotti annualmente nell’universo digitale.

Nel 2014, lo studio The Digital Universe of Opportunities: Rich Data and the Increasing Value of the Internet of Things rivela l’impatto centrale delle emergenti tecnologie wireless, dei prodotti intelligenti e dei business software-defined sul volume mondiale di dati. Secondo lo studio, l’ammontare delle informazioni nell’universo digitale sarebbe in grado oggi di riempire una pila di Ipad Air (da 128 giga) lunga quanto 2/3 del percorso verso la luna. Entro il 2020, le pile di Ipad Air diventeranno 6,6. Ancora, oggi, una famiglia media crea abbastanza dati per riempire 65 IPhone all’anno. Nel 2020, questa cifra crescerà fino a raggiungere i 318 IPhone.

Secondo Idc, il numero dei dispositivi che possono potenzialmente essere connessi a Internet si sta oggi avvicinando ai 200 miliardi, con il 7%, pari a 14 miliardi, già connesso e in grado di comunicare attraverso la Rete. I dati provenienti dagli oggetti connessi rappresentano il 2% di tutti i dati del mondo e Idc prevede che, entro il 2020, il numero dei dispositivi connessi crescerà fino a 32 miliardi, rappresentando il 10% di tutti i dati mondiali.

L’Internet delle Cose influenzerà anche l’enorme quantità di dati utili, che potrebbero essere analizzati, nell’universo digitale. Nel 2013 solo il 22% delle informazioni all’interno dell’universo digitale era considerato utilizzabile, ma meno del 5% di questi dati è stato nei fatti analizzato, con la conseguente dispersione nei meandri dell’universo digitale. Entro il 2020, secondo le stime dello studio, più del 35% dei dati potrà essere considerato utilizzabile, ma molto dipenderà dal modo in cui le aziende saranno in grado di sfruttarli.

Questo fenomeno rappresenterà un nuovo e radicale modo di interagire con i clienti, velocizzando i cicli di business, ottimizzando i costi operativi e stimolando trilioni di dollari in opportunità per le aziende. Di contro presenta sfide significative sulle modalità con cui le aziende gestiscono, immagazzinano e proteggono il grande volume e la diversità di queste informazioni.

Idc stima che il 40% dei dati dell’universo digitale richieda diversi gradi di protezione, da misure rivolte alla privacy fino alla completa criptazione dei dati, ma solo metà di questi dati, appena il 20%, è realmente protetto.

Dalla ricerca emerge che saranno i mercati emergenti a produrre più dati: attualmente, il 60% dei dati nell’universo digitale è attribuito a mercati maturi come Germania, Giappone e Stati Uniti.

Entro il 2020, la percentuale si capovolgerà e mercati emergenti quali Brasile, Cina, India, Messico e Russia rappresenteranno la fetta maggiore della torta. I dati toccati dal cloud raddoppieranno: nel 2013, meno del 20% dei dati nell’universo digitale è stato toccato dal cloud, ma entro il 2020, questa percentuale raddoppierà, passando al 40%.

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