Industria 4.0, Pileri: “Il governo fissi le priorità di azione”

L’Ad di Italtel: “L’Internet of things strumento necessario per la crescita del paese”

Pubblicato il 11 Set 2015

antonello salerno

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«Dall’ultima rivoluzione industriale sono trascorsi circa cinquant’anni, e oggi siamo a un passaggio importante. I siti produttivi, di stoccaggio, dei semilavorati diventano parti interconnesse, e ciò allarga decisamente il mercato tlc: è una enorme opportunità. Il fatto di connettere le Operation Technologies con le Information Technologies consente di produrre meglio in termini di qualità e di produttività, con un time to market non più di giorni ma di ore, riportando a km zero alcune produzioni e riducendo i costi per la realizzazione dei prodotti. L’Italia, che è fondata su un’industria manifatturiera molto specialistica e competitiva in tutto il mondo, seconda nell’Ue dopo la Germania, deve agganciarsi a questa innovazione». Così Stefano Pileri, Ad di Italtel, descrive le potenzialità per l’Italia della quarta rivoluzione industriale, prospettando per l’azienda un ruolo da protagonista nella transizione ai nuovi modelli Iot e di fabbrica 4.0.

Pileri, come si inserisce Italtel in questa transizione?

Da tre anni abbiamo avviato una ricerca molto focalizzata sullo Iot: da specialisti di comunicazione voce, video e dati vogliamo competere anche nel campo dei messaggi e delle informazioni di stato comunicate da macchine e da sensori: trasformazione che sentiamo nelle nostre corde. Una delle nostre specialità è la segnalazione in tempo reale tra sistemi di tlc: abbiamo sviluppato una piattaforma orizzontale utilizzabile nello smart metering, nell’e-health, nell’efficienza energetica, per la comunicazione di varie tipologie di sensori e attuatori nelle wireless sensor network.

Che collaborazioni avete in campo sul manifacturing?

Stiamo condividendolo la strategia e i target con Cisco, azionista di riferimento industriale, che ha fatto passi avanti importanti sullo Iot e sull’applicazione al manifacturing, come ad esempio nel caso Continental, leader nei pneumatici, per l’ottimizzazione delle operation technologies della fabbrica e la gestione dei prodotti finiti con tag wifi. Abbiamo partnership con Schneider e Rockwell, siamo in contatto con Siemens, e con STMicroelectronics vogliamo stabilire un piano di sviluppo di un progetto pilota e ricerche in comune.

Quale potrà e dovrà essere il ruolo delle istituzioni, e quindi del Governo, per stimolare la crescita di questo settore?

Il Governo ha dato vita a un tavolo sullo Iot, condividendo il progetto con Confindustria digitale. A me sembra utile, in ogni caso, un documento strategico di posizionamento del Governo sull’Internet of things, che sia tra l’altro in grado di fare chiarezza sulla portata economica di questo sviluppo. L’esecutivo ha già messo in campo un piano strategico sulla banda ultralarga e uno sulla crescita digitale. L’IoT è uno strumento necessario per la crescita, proprio attraverso l’utilizzo delle nuove reti a banda ultralarga, alta affidabilità e bassa latenza. Sarà importante utilizzare prima e meglio le tecnologie in alcuni ambiti, facilitare l’evoluzione della normativa e degli standard, anche a livello internazionale, lavorare sugli skill e sulle competenze interne come Paese, facilitare la creazione di un ecosistema con grandi aziende e piccole startup. Spetterà al Governo – cui non faremo mancare il nostro supporto – dare le priorità, indicare i settori su cui focalizzare gli sforzi. Campi d’applicazione verticali come l’industria 4.0, l’e-health, i trasporti e la mobilità, la sicurezza.

C’è più bisogno di apertura culturale all’innovazione o di investimenti?

C’è bisogno di investire, questo è sempre vero nel campo dell’industria. Senza investimenti si resta inesorabilmente indietro, si perdono quote di mercato e opportunità. In Italia l’industria, ma anche ad esempio l’agroalimentare, sono particolarmente adatti a queste innovazioni. Ma un’azione di stimolo, di standardizzazione e di messa in comune di esigenze cross fatta dal Governo e dalle associazioni farebbe ben sperare. Se è vero che le aziende devono sfruttare il momento, non è ragionevole che ognuna faccia le sue piattaforme. Ed è su questo che come Italtel ci siamo mossi, perché mettere in comune gli sforzi può anche voler dire produrre soluzioni che non abbiano costi eccessivi per ogni azienda.

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