BIG DATA

Informazioni & tecnologia. E’ il paradigma per l’Open Science

Philippe Mathieu (Esa): “Cloud e Internet stanno trasformando l’utilizzo e l’analisi dei dati dell’osservazione della Terra. La nuova generazione di satelliti produce un’enorme quantità di informazioni che devono essere condivise”

Pubblicato il 14 Dic 2015

Patrizia Licata

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La rivoluzione Big data e analytics tocca anche lo studio del pianeta e aiuta ad affrontare le grandi sfide globali, dal cambiamento climatico allo stress sulle risorse naturali creato dalla rapida crescita della popolazione. Pierre-Philippe Mathieu, Earth Observation Data Scientist della European Space Agency, ci descrive come i nuovi trend tecnologici stanno trasformando l’utilizzo e l’analisi dei dati dell’osservazione della Terra.

Lei parla di una “geo-revolution basata sulla convergenza di tecnologie”: quali sono le tecnologie che cambiano lo studio del pianeta?

I rapidi avanzamenti in cloud, Internet, connettività mobile hanno radicalmente cambiato non solo il modo in cui viviamo e lavoriamo ma anche la ricerca scientifica. In particolare Internet e il cloud creano nuove opportunità per organizzare l’informazione e accedere ai dati, mettendoli a disposizione di altri scienziati e permettendo di integrare le conoscenze e affrontare i problemi in modo più efficace. E questa conoscenza è disponibile anche per utenti dell’industria o della società. Al tempo stesso, i grandi progressi nelle tecnologie satellitari e nei sensori intelligenti, uniti alle Ict, stanno rivoluzionando la nostra capacità di monitorare il pianeta in tempo reale e formulare previsioni sulla sua evoluzione. La nuova generazione di satelliti di Earth Observation (EO) produce regolarmente enormi quantità di dati sullo stato degli oceani, dell’atmosfera, del suolo. L’Europa sta aprendo una nuova era nell’EO con il lancio dei suoi satelliti Sentinels all’interno dell’iniziativa Copernicus. Le nuove tecnologie digitali permettono anche la raccolta di contenuti user-generated tramite gli smartphone e i social media e questo offre agli scienziati una sorta di “microscopio” sul mondo. Il tutto è favorito dalle policy internazionali per la condivisione degli open data, come il G8 Open Data Charter. Questi nuovi flussi di dati ci permettono di capire meglio la Terra come sistema e alimentano l’economia dell’informazione.

Anche l’Esa ha abbracciato i cambiamenti del digitale e degli open data?

Le rivoluzioni degli open data e del digitale stanno cambiando il modo di fare scienza portandoci nel paradigma della Open Science, in cui si fa ricerca con maggiore trasparenza, tracciabilità e condivisione di dati e si usano nuovi strumenti di community e collaborazione oltre che potere computazione senza precedenti. L’Esa sta rispondendo alla sfida della Open Science legata all’osservazione della Terra muovendosi su molteplici fronti. Per esempio, favorisce lo sviluppo di un portafoglio di piattaforme EO Open Science, dà alla comunità scientifica accesso a tutti i dati EO raccolti da missioni differenti e fornisce strumenti per la discovery, l’elaborazione, l’analisi (anche col machine learning) e la visualizzazione di grandi quantità di dati. Ancora, l’Esa prevede ambienti di ricerca virtuali (Virtual Research Environment), per esempio con la co-location che accoppia computing power e data storage, per effettuare attività di elaborazione e analisi basate su cloud per set di dati sulla Terra che sono dell’ordine dei petabyte. L’Esa punta anche sull’ampliamento del sapere e delle competenze, con iniziative di condivisione della conoscenza (wiki), training, lezioni estive e corsi Mooc (Massive Open Online Course).

Dicembre è il mese della conferenza Onu sul clima COP21. L’Esa, ancora una volta abbracciando le nuove tecnologie, ha creato una mobile app per il monitoraggio del cambiamento climatico, l’Esa Climate Change Initiative (CCI), che visualizza i dati sullo stato di salute del pianeta raccolti dai satelliti e evidenzia le variazioni. Ma come possono Big data e analytics contribuire concretamente alla gestione del rischio?

Permettendo un approccio di Risk management integrato e basato sulla scienza. Questo consente di gestire meglio i rischi, fare leva sulle opportunità e fronteggiare sia i cambiamenti climatici indotti dall’uomo che la variabilità naturale del clima. L’adozione di un approccio di gestione del rischio integrato può portare a decisioni migliori sul clima su vari livelli e a beneficio di una gamma più ampia di utenti finali, armonizzando tutte le informazioni in uno stesso contesto che analizza e gestisce il rischio. I decisori potranno sfruttare così le sinergie, gestire i compromessi tra diversi rischi interconnessi che ruotano intorno al tema del clima (acqua, energia, sicurezza alimentare) e disegnare soluzioni. Le osservazioni sono un elemento fondamentale nella gestione dei rischi perché forniscono la base di qualunque comprensione scientifica. E i decisori hanno bisogno di informazioni accurate, coerenti, tempestive sullo stato del nostro ambiente e sulla sua evoluzione per informare le loro decisioni su come adattarsi e su quali strategie di mitigazione attuare. Per costruire un quadro completo di questo ambiente in rapido cambiamento, con tanti elementi interconnessi e che richiede scale differenti (locale e globale, con una lettura su decenni e con le varazioni minuto per minuto) c’è anche un sistema dei sistemi, l’Integrated Global Earth Observing System of Systems (GEOSS), che fonde i dati di più fonti (droni, sensori, satelliti). Quindi anche i dati dello spazio, e torno a citare Copernicus, sono fondamentali, perché forniscono su base stabile informazioni globali sullo stato del pianeta.

Però lei ha sottolineato anche l’importanza del “citizen science” e degli “human observatories” che aiutano gli scienziati a misurare lo stato di salute del pianeta. Grazie agli smartphone siamo tutti un po’ scienziati?

Il rapido sviluppo del digitale e la convergenza di tecnologie come device mobili, Internet e reti di sensori hanno permesso un’esplosione di attività di ‘scienza dal basso’ o crowdsourcing, con cui i privati cittadini svolgono alcuni compiti utili alla ricerca, spesso la raccolta di dati sul campo. I cittadini che hanno un device mobile e una connessione a Internet possono diventare fornitori e non solo consumatori di informazioni. OpenStreetMap, che è una mappa del mondo community-based, è uno degli esempi di maggior successo di crowdsourcing. Un’area che ha un notevole potenziale è la collaborazione con i cittadini per la raccolta di dati di verifica sul campo che rendono ancora più accurata la EO: i cittadini possono fungere da ‘sensori ambientali’, misurare parametri rilevanti per l’EO come lo sfruttamento del suolo o la qualità dell’aria e diventare parte di un più ampio sistema di osservazione per ‘prendere il polso’ al pianeta.

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