Internet governance, Preto alla Kroes: “Serve approccio a geometria variabile”

Il modello multistakeholder deve essere migliorato e potenziato, ha detto il commissario Agcom in occasione dell’Igf dell’Onu in corso a Istanbul. “Optare per un modello bifasico governi-authority per evitare controlli centralizzati”

Pubblicato il 03 Set 2014

Presso l’Internet Governance Forum (IGF) delle Nazioni Unite, in corso ad Istanbul fino al 5 settembre, si è tenuto oggi un workshop di carattere internazionale, organizzato da Telecom Italia ed avente ad oggetto la geometria variabile di Internet (“Internet Governance: a case for variable geometry?”). Il tema è altamente dibattuto, in quanto concerne la distribuzione dei ruoli dei soggetti coinvolti nella governance di Internet – sistema altamente complesso che unisce diversi livelli regolatori, globale, regionale e nazionale.

Al worskhop hanno partecipato Antonio Preto (Commissario Agcom), Megan Richards (Commissione Europea, Principal Adviser in DG Communications Networks, Content and Technology), Giovanni Amendola (Head of Relations with International Authorities, Telecom Italia), Mira Burri (Senior research fellow at the World Trade Institute and a lecturer in law at the University of Bern), Olga Cavalli (Adviser for technology, Ministry of Foreign Affairs, Argentina), Sally Costerton, (Sr. Advisor to President, GSE, ICANN), Nii Quaynor (Ph.D in Computer Science, founding chairman of AFRINIC), Christopher Yoo (Professor of Law, Communication, and Computer & Information Science at the University of Pennsylvania). Le funzioni di moderatore sono state svolte da Michele Bellavite.

Il Commissario Preto, nel suo discorso, ha considerato che l’approccio a geometria variabile può aiutare a realizzare un importante obiettivo: attraverso la differenziazione delle responsabilità nella governance di Internet, si potrebbe bilanciare una vasta partecipazione e un’attuazione efficace.

Preto si è concentrato sui punti “più nascosti” del tema, ossia le parti “non ancora esplorate”. Inoltre, anche rispondendo ad una sollecitazione del Commissario europeo Neelie Kroes di ieri pomeriggio, ha individuato un punto carente nel modello attuale e ha avanzato una proposta per assicurare maggiore stabilità, sicurezza e garanzia degli utenti al multi-stakeholder model.

Riportiamo di seguito, in sintesi, i passaggi centrali del discorso del Commissario. Il quadro generale. Internet è un ecosistema in continua evoluzione. Il modello multi-stakeholder è stato il migliore archetipo per il controllo di Internet, che ha lasciato il processo di standardizzazione e lo sviluppo di protocolli tecnici nelle mani private degli esperti, senza controlli centralizzati o invasivi.

Allo stesso tempo, posto che il ruolo di Internet nella nostra società e l’economia è cambiata così radicalmente, la governance è diventato un tema molto più delicato e complesso. Di conseguenza, il modello multi-stakeholder deve essere migliorato e potenziato.

È ipotizzabile la presenza delle autorità di regolazione? Il Commissario è convinto che il modello privato costituisca un valore da preservare. Tuttavia, il modello, a ben vedere, è misto. Si può citare, al riguardo, le origini di Internet, in cui ingegneri ed esperti tecnici hanno dato vita alla rete sotto l’“ombrello” di una amministrazione pubblica, l’ARPA (Advanced Research Project Agency, in seguito divenuta DARPA).

Ciò indica che pubblico e privato hanno collaborato sin dall’origine: oggi, ciò è ancor più vero.

In questa fase di transizione (si pensi al conferimento delle Iana functions all’Icann, avviata dalla Ntia (la statunitense National Telecommunications Information Adiminsitration) a marzo di quest’anno, cui ha fatto riferimento ieri, nel discorso di apertura, il Presidente del Board dell’Icann, Fadi Chehadé), le questioni in gioco, eterogenee e multiformi, richiedono soluzioni mirate e tempestive.

Ebbene, in questo contesto, un elemento ancora “dietro le quinte” è la partecipazione al dibattito di un differente soggetto pubblico: l’autorità nazionale di regolamentazione.

L’introduzione in modo chiaro e trasparente delle autorità di regolamentazione nel dibattito potrebbe contribuire alla utile definizione di principi fondamentali a livello globale.

I regolatori hanno competenza in materie “affini”, come le comunicazioni elettroniche, l’allocazione delle risorse scarse; si tratta di materie che tendono a “fondersi” con le prospettive di Internet. Conseguentemente, il multi-stakeholder model potrebbe trarre beneficio dalla expertise delle autorità di regolazione. I regolatori, infatti, oltre a promuovere la concorrenza con misure regolamentari, sono chiamati a garantire i diritti dei singoli – tema costante delle governance della rete (è sempre da ricordare, in merito, l’art. 8 della direttiva quadro, n. 2002/21/CE).

Naturalmente, occorre evitare qualsiasi forma di sovrapposizione. La separazione dei compiti è un principio fondamentale in qualsiasi ecosistema complesso. Non solo in organizzazione sociale ed economica, ma anche in un ambiente naturale: ogni organismo ha il suo ruolo specifico che lo rende indispensabile per l’intero ecosistema.

Per questo, il Commissario ha evidenziato la necessità di un modello bifasico di governance, basato su: a) un diffuso processo decisionale, per tener conto di tutti gli interessi in gioco, e b) un attento processo di attuazione, mirato e gestito dalla istituzione più qualificata.

Un tale modello di governance, integrato da meccanismi efficaci e dagli opportuni equilibri, permetterebbe di mantenere la governance di Internet un processo “polifonico”, evitando un controllo “top down” da parte di una singola entità centralizzata.

Un “nuovo modello ibrido”… “dentro il modello ibrido”. La proposta. Preto ha ricordato che Telecom Italia propone di istituire un multi-stakeholder committee, incaricato di assegnare le questioni di governance ai diversi istituti. Il Commissario si trova d’accordo, in generale, con una simile prospettiva, ma ha elaborato una proposta diversa.

A tal fine, ha preso come spunto di riferimento l’Icann, definita dagli studiosi una organizzazione di tipo ibrido, in quanto è una struttura privata, al cui interno però è presente un Governmental Advisory Committee (Gac), che introduce la dimensione pubblica in un modello si self-governance degli esperti. Dunque, la posizione dei governi è già presente nel dibattito, anche se in un settore particolare come il Dns.

Può considerarsi sufficiente?

Per il Commissario Preto, la risposta è negativa. Accanto ai governi, deve esservi una voce parallela, ma distinta. In diritto costituzionale e amministrativo, è noto che i regolatori sono autorità indipendenti diversi e separati dal potere politico. La loro voce, per Preto, deve essere inserita in modo stabile all’interno del sistema, in modo da avere una visione “indipendente” dal potere politico e da quello economico.

Ciò porterebbe – questo il nucleo della proposta – alla costituzione di un “modello ibrido all’interno di un modello ibrido”. Si tratta di una idea nuova, in qualche modo simile alla governance distribuita (DG) Gruppi, proposto da Icann e il World Economic Forum (Wef).

Nel merito, i regolatori possono interagire nel multi-stakeholder model in modo interessante, in quanto: 1) permettono un’ampia partecipazione, in una prospettiva che consente la moltiplicazione di punti di vista; e 2) formano reti formali e informali, come accade con il Berec; 3) riuniscono competenze di tipo giuridico, economico, tecnico ed ingegneristico; 4) attuano un efficace scambio di informazioni.

Nel quadro della “geometria variabile”, i regolatori possono contribuire in modo flessibile, definendo alcuni principi fondamentali, come la neutralità della rete o l’accesso all’infrastruttura (che è la premessa logica per l’utilizzo di Internet). Proprio basando la propria esperienza sul campo delle comunicazioni elettroniche, un regolatore potrebbe definire elementi di convergenza e gli aspetti fondamentali.

Ad esempio, con riferimento alla neutralità della rete, si osservano diversi tipi di interventi, che variano da attività di legislatori (come nei Paesi Bassi) a quelli di singole amministrazioni (FCC negli Stati Uniti). Per superare eccessiva frammentazione, il regolatore potrebbe partecipare al processo bottom-up (contribuendo al dibattito generale) e, quindi, nella successiva fase top-down (applicando localmente il principio comune eventualmente stabilito).

Ciò, secondo il Commissario, condurrebbe ad un approccio più completo a livello globale, e ad una applicazione flessibile, ma comunque coerente con i principi stabiliti in sede comune. In sintesi, un utile mix di uniformità e diversità, come insegna il modello stesso di Internet, il cui protocollo unico deve convivere con infrastrutture diverse e con una varietà di attori locali.

In conclusione, il pubblico non deve comprimere o schiacciare il privato, ma istituzioni come le autorità indipendenti, possono intervenire in modo utile e costruttivo nel dibattito, al fine di preservare alcuni aspetti di interesse pubblico che non possono essere messi in secondo piano lasciata. Si tratta di una prospettiva di integrazione tra i diversi soggetti, e non certo di mutua esclusione.

Si pensi, a questo riguardo, al cd. “diritto all’oblio”, in cui uno dei punti ancora non risolti è l’individuazione del soggetto chiamato a bilanciare gli interessi e a ravvisare interessi pubblici che ostino alla rimozione di un particolare link dai risultati di un motore di ricerca. Qui, il ruolo delle autorità potrebbe risultare essenziale, per non lasciare la scelta su determinati informazioni (che potrebbero essere di interesse pubblico) nelle mani dei privati.

La proposta del Commissario risponde agli interrogativi lanciati dal Commissario europeo Neelie Kroes la quale ricordando che è “il momento di agire”, ha richiesto sicurezza, stabilità, resistenza e tutela degli utenti per la governance basata sul multi-stakeholder model.

La presenza dei regolatori, per Preto, è l’effettiva risposta agli interrogativi di Neelie Kroes, in quanto in grado di dotare di maggiore stabilità e solidità uno dei maggiori temi di sviluppo che la “società della comunicazione”, nel suo insieme, si appresta ad affrontare.

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