SCENARI

La guerra santa di Apple e l’interesse collettivo

La resistenza destinata a capitolare. E’ solo questione di tempo, quello necessario a far approvare una nuova legge federale che obbligherà i gestori delle informazioni a renderle disponibili alle autorità per la sicurezza. La rubrica di Edoardo Narduzzi

Pubblicato il 04 Mar 2016

Edoardo Narduzzi

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Apple, la società che capitalizza di più in borsa, è uno stato sovranazionale. Non tanto perché dispone di tanta cassa, circa150 miliardi di liquidità pronta ad essere investita, che la maggior parte degli stati nazione agognerebbero di avere, ma perché il suo ecosistema tecnologico è autonomo e impermeabile perfino ai servizi di sicurezza.

La disputa in corso tra la stessa Apple e la FBI, l’agenzia federale di investigazione negli Usa, sui dati “imprigionati” nello smartphone di Syed Farook, l’attentatore mussulmano che lo scorso 2 dicembre ha ucciso insieme alla moglie quattordici persone a San Bernardino in California, certifica il problema dell’accessibilità ai dati contenuti nel cloud o nei sistemi dei nuovi colossi della tecnologia.

Apple si rifiuta di decriptare, nonostante un ordine di un magistrato, il contenuto delle informazioni contenute nell’iPhone di Farook, mentre i servizi americani e gli investigatori non hanno alcuna intenzione di rinunciare ad acquisire materiale informativo che potrebbe essere utile a capire come il Daesh si muove e comunica negli Usa.

La resistenza di Apple pare destinata a capitolare. E’ solo questione di tempo, quello necessario a far approvare una nuova legge federale che obbligherà i gestori delle informazioni gestite dai sistemi proprietari remotizzati a renderle disponibili alle autorità incaricate della sicurezza nazionale ed internazionale. La resistenza di Apple e Google, in questo caso, è di retroguardia, perché esiste un interesse collettivo, superiore a quello delle multinazionali della tecnologia, ad avere disponibili e utilizzabili tutte le informazioni utili a contrastare e combattere il terrorismo.

Quindi anche l’agenda, le foto o i messaggi dei vari e dei tanti Farook.

Ma la disputa tra Apple e la FBI dischiude anche un’altra prospettiva di analisi. Le intercettazioni oggi non sono più legate alla voce o ai dati che circolano su IP.

Le intercettazioni più utili sono quelle relative a quanto contenuto negli smartphone. Significa che presto sarà necessario “intercettare” le conversazioni peer to peer tra smartphone ed i contenuti conservati e presenti negli iPhone di varia numerazione. Il caso Farook ha soltanto dischiuso la strada alle intercettazioni e al modo di fare indagini nel millennio in corso.

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