Lorenzi (Sirti): “Il 2015 sarà l’anno della svolta”

“Pronti a cogliere nuove opportunità”, sottolinea l’Ad. “Quest’anno puntiamo a tornare finalmente all’utile. Abbiamo spazi di miglioramento sulla produttività. Nuovi skill professionali per affrontare le sfide future sul fronte delle reti fisse e mobili. Servizi end-to-end su tutto il territorio per spingere il business”

Pubblicato il 05 Giu 2015

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«Crisi alle spalle?”: Stefano Lorenzi, da quattro anni amministratore delegato di Sirti, ha solo un attimo di incertezza prima di rispondere deciso: “Per noi direi proprio di sì. Da un paio d’anni siamo tornati a crescere: come top line ma anche come bottom line. Nel 2014 abbiamo raggiunto un sostanziale break even. Per il 2015 puntiamo a ritornare finalmente in utile, l’Ebitda sta crescendo al ritmo del 10% per il terzo anno consecutivo.

Non negherà il tema produttività.

È cruciale e abbiamo spazi di miglioramento. Anche utilizzando nuove metodologie di programmazione dinamica delle attività di campo per migliorare la produttività dei nostri tecnici che operano sul territorio. Puntiamo a mettere a punto modelli sostenibili, condivisi coi sindacati.

Avevate un bel po’ di gente in cassa integrazione.

Ha usato il tempo giusto: “avevamo”. Siamo riusciti a reintegrare le quasi mille persone che siamo stati costretti a mettere in Cig poco dopo il mio arrivo nel 2011. È un bel turnaround anche dal punto di vista occupazionale. E abbiamo già assunto circa 150 persone allargando i nostri skill professionali, come nel mobile.

Sta lanciando un segnale di tranquillità ai sindacati?

Diamo lavoro a quasi 4.000 persone, di cui 3.800 in Italia. Tuttavia, il nostro settore è molto sensibile alle fluttuazioni dei volumi e non si può mai stare tranquilli. Se gli investimenti nelle nuove reti continueranno e non avremo clienti che “scompaiono”, il tema occupazionale resterà molto meno critico che in passato. Abbiamo chiuso il 2014 con 630 milioni di fatturato, quest’anno contiamo di avvicinarci ai 700. Ovviamente, anche la produttività è un tema fondamentale.

A cosa è dovuta la “svolta Sirti” in anni difficili per tutti?

A nuovi contratti siglati con operatori nostri clienti già in passato, ma con cui ci siamo posizionati in modo diverso.

Ad esempio?

Ad esempio Wind, con cui abbiamo siglato un contratto di managed services per pianificazione e costruzione delle reti mobile e fissa. Coordiniamo, in collaborazione con nostre aziende partner, tutta l’attività di field: progettazione, ricerca siti, implementazione e manutenzione. Offriamo a Wind una gestione della rete mobile molto flessibile.

L’ingresso nei managed services è la chiave della svolta?

Direi proprio di sì. Il contratto di Wind è quello più importante, ma non è l’unico. La fuoriuscita dalla fase più critica è stato resa possibile anche grazie a una Sirti che sa offrire servizi end-to-end su tutto il territorio nazionale.

E il broadband fisso?

È il secondo nostro caposaldo. Telecom Italia con progetti Fttc e Ftth, Vodafone col piano Spring, Fastweb con Fttc: gli investimenti nella fibra ottica sono finalmente partiti e ci stanno aiutando a crescere. Speriamo che essi continuino, anche nell’interesse del Paese.

Non siete troppo “italiani”?

Un passo per volta. Negli ultimi quattro anni abbiamo preferito concentrarci prevalentemente sulla nostra presenza in Italia, dove occupiamo il grosso dei dipendenti. È stato cruciale recuperare volumi per fare rientrare tutti in azienda e poter lavorare sulla profittabilità, che è ancora un punto critico. Anche perché il mercato italiano è fortemente competitivo e ha tempi di pagamento molto lunghi.

Italia first, allora.

Sì, ma non dimentichi commesse significative vinte all’estero: in Scandinavia sull’energia, in Arabia nell’oil&gas, in Libia, anche se lì si è fermato tutto. L’estero pesa meno del 10% del fatturato Sirti: c’è spazio per crescere.

Andare all’estero richiede risorse. La patrimonializzazione è un punto debole di Sirti.

Abbiamo ben presente il tema. Con gli azionisti e le banche che ci supportano stiamo valutando l’opportunità di un rafforzamento patrimoniale, dotando Sirti di nuove risorse che ci consentano uno sviluppo più solido.

Anche con acquisizioni?

Non lo escludo, se ci saranno le opportunità: in Italia e all’estero. La scarsità di risorse ci ha impedito di farlo negli ultimi anni.

In quali Paesi potreste andare?

È presto per dirlo. In primis si potrebbe pensare ai Paesi emergenti dove sono in atto profonde trasformazioni nelle reti: Golfo, Africa, Europa dell’Est, Russia. Potremmo andarci da soli o al seguito di nostri clienti in una logica “follow the client” per riproporre altrove modelli di successo come quello di Wind.

Il mercato italiano è molto frammentato.

Ed è un forte limite. La scala è sempre più importante perché favorisce lo sviluppo di innovazioni tecnologiche altrimenti difficilmente ammortizzabili, investimenti su temi come compliance e sicurezza sul lavoro che sono fondamentali per un’azienda di servizi. Il vantaggio competitivo di Sirti in Italia è dovuto proprio alla scala perché può offrire soluzioni basate sul miglioramento dei processi produttivi cliente-fornitore.

Si può superare questa frammentazione?

Lo auspico. Si tratta di trovare un’impostazione di filiera fra aziende di diversa dimensione Cercheremo di fare la parte che ci compete come leader del mercato, ma forse andrebbe coinvolto anche il governo.

Che pensa dell’intervento dello Stato nelle reti Ngn?

Il pubblico avrà un ruolo molto importante nella realizzazione delle reti ultrabroadband accelerandone lo sviluppo in maniera omogenea su tutto il territorio nazionale e dando così una spinta alla digitalizzazione dell’intero Paese.

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