LA CITTADELLA TECNOLOGICA

Mainetti (Polihub): “Saremo il riferimento della nuova imprenditoria hi-tech italiana”

L’incubatore del Politecnico di Milano si candida a diventare una vera e propria “city” in cui si confronteranno startup, imprese, investitori e università. Trentanove le neo-imprese già ospitate, ma si punta a un centinaio in 3 anni. In campo anche il Comune

Pubblicato il 16 Mag 2014

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Superare il concetto di acceleratore per andare verso quello di distretto hi-tech in cui convergono startup, imprese, investitori e università. È l’obiettivo del nuovo PoliHub, l’incubatore del Politecnico di Milano, gestito dalla Fondazione Politecnico con il contributo del Comune di Milano. Con 39 startup ospitate e l’intenzione di arrivare a quota cento in tre anni, lo spazio nel cuore del quartiere Bovisa è l’unico in Italia ad avere alle spalle il network di competenze della prima università tecnologica italiana. E ora punta a diventare l’incubatore di riferimento per la nuova imprenditoria hi-tech tricolore. Come? A spiegarlo è Stefano Mainetti, consigliere delegato di PoliHub.

Mainetti, che ruolo vuole ritagliarsi PoliHub nell’ecosistema dell’innovazione?

Vogliamo essere un punto di riferimento per favorire la nuova imprenditoria tecnologica proponendoci come hub che mette in contatto startup, soggetti finanziatori, imprese e il network del Politecnico. Poter contare su 2.400 tra docenti, ricercatori e dottorandi della prima università tecnologica italiana è un asset fondamentale che ci distingue da altri incubatori. Con questo capitale di competenze fare scouting di idee ad alta potenzialità e supportare la creazione di imprese in grado di crescere nel mercato globale è più facile.

Che cosa può diventare PoliHub per Milano?

L’incubatore sarà il perno di un distretto tecnologico aperto alla città, non solo alle startup, ma anche alle aziende che vogliano avvicinarsi, anche fisicamente, al network del Politecnico, che comprende anche i consorzi come il Mip, la Business school, il Cefriel, il centro di eccellenza tecnologica e il Polidesign, centro di eccellenza nel design. Il modello-distretto, partito quest’anno, servirà a rafforzare il ruolo di Milano come capitale delle startup. Tutto si basa sulla prossimità: startup, imprese già fondate ed esperti del Politecnico stanno insieme, nella stessa area, per favorire relazioni e scambi. Per realizzare questo obiettivo abbiamo ottenuto un importante contributo dal Comune.

Come può un’azienda interagire concretamente con PoliHub e con il distretto?

Abbiamo messo a punto varie modalità di collaborazione. Per le aziende innovative ad alto contenuto tecnologico di recente costituzione, offriamo l’opportunità di unirsi nel distretto delle startup dove possono contare su servizi di mentorship e sull’accesso al network esteso del Politecnico. Per aziende già consolidate che desiderino innovarsi in modo discontinuo, realizziamo apposite competizioni – le Call4Ideas – per individuare inventori con idee innovative da realizzare e testare sul mercato. Un terzo livello può essere la creazione di percorsi specifici di open innovation, realizzati con il Mip per la componente formativa e di empowerment imprenditoriale e da PoliHub per la fase di incubazione delle idee e di tutorship nel periodo di verifica sul mercato. Infine, un quarto livello è la messa a punto di progetti di ricerca applicata volta all’innovazione di prodotto e servizio. Il referente è la Fondazione Politecnico di Milano, azionista di maggioranza di PoliHub, che si adopera per far interagire aziende e ateneo, anche favorendo la ricerca di cofinanziamenti.


Quali sono i servizi offerti dal PoliHub alle startup?

Partiamo con un lavoro di selezione delle idee e con uno spazio di coworking per le startup selezionate. In una prima fase, diamo servizi di tutorship per affinare l’idea, consolidare il team, mettere a punto la value proposition, verificare l’interesse di mercato. Diventa poi fondamentale supportare gli startupper nell’individuare modalità e momenti per ottenere i finanziamenti necessari per realizzare un prototipo o raffinare quanto già realizzato. In questa fase, diamo una mano per individuare le metriche opportune e per realizzare pitch e business plan da sottoporre ai finanziatori. Abbiamo accordi con i principali fondi italiani e anche con alcuni all’estero. Non siamo un venture incubator ma sappiamo come favorire gli investimenti nelle startup più meritevoli.

Quali sono i prossimi obiettivi?

Vogliamo arrivare in tre anni a un centinaio di aziende incubate. E i risultati ottenuti in questo ultimo periodo sono già incoraggianti.

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