Seppur gli investimenti pubblicitari siano oggi ancora sbilanciati verso i canali offline, la capacità di questi mezzi nel riuscire a raggiungere il target desiderato e con il giusto messaggio è molto limitata. La difficoltà di misurare il ritorno sull’investimento è uno dei principali motivi che ha contribuito allo spostamento degli investimenti verso il digitale.
I vantaggi del web marketing rispetto a quello offline sono noti: misurabilità, visibilità, trasparenza, velocità e flessibilità.
Spostare gli investimenti verso la comunicazione online è stato un processo naturale ed ovvio. Quest’anno però la stima del mercato pubblicitario online mostra una contrazione del 2013 sul 2012 (-2.2% calcolato sui primi 7 mesi dell’anno – fonte Nielsen). La crisi e la conseguente contrazione dei consumi contribuisce a questo calo, ma c’è di più.
Sono passati quasi 20 anni dal primo banner pubblicitario cliccabile (27 ottobre 1994 su hotwired) e da allora ad oggi le forme di online advertising hanno iniziato a dare i segni di invecchiamento. Qualche dato a supporto: l’8% degli utenti internet contribuisce all’85% dei click sui banner (dato Comscore), il Ctr (click through rate) medio delle campagne display è inferiore allo 0.1% (dato DoubleClick), in Italia il 36% dei click sui banner della pubblicità su dispositivi mobili viene fatto per errore (dato Mip Politecnico di Milano).
Se aggiungiamo che i principali Kpi delle attività di direct email sono in costante calo, che le attività classiche di social advertising mostrano performance mediamente basse, che i nuovi mezzi di acquisto traffico display in asta come il Real Time Bidding (Rtb) sono difficili da comprendere e rendere sostenibili, lo scenario diventa più chiaro.
Per il salto di qualità, quello che serve oggi alle aziende italiane è fare ciò che nei paesi più avanzati – ad esempio negli Usa)- è un punto di partenza consolidato: investire in tecnologia e dati.
Per tecnologia si intende l’utilizzo di piattaforme centralizzate di pianificazione, acquisto e gestione del media, tracciamento, deduplica e analisi dei touchpoint di conversione. Questo permette di adottare strategie pubblicitarie multicanale coordinate con time to market praticamente istantaneo ed operare ottimizzazioni automatiche in base agli obiettivi impostati. Tecnologia vuol anche dire creare e coltivare internamente all’azienda questo mix di nuove competenze.
I dati si riferiscono invece alla mole di informazioni legate all’audience degli utenti (prospect o clienti). Queste informazioni sono spesso già presenti in azienda, ma raramente centralizzate e strutturate.
L’unione di tecnologia e dati può migliorare l’intelligenza delle piattaforme di pianificazione e dare vita al programmatic marketing: ottimizzare l’acquisto media in base a criteri qualitativi come abitudini e interessi degli utenti, creare cluster di profili simili, rendere personale la comunicazione in base agli audience definiti.
Maggiore attenzione verso il consumatore – far arrivare il giusto messaggio e al momento giusto – non è solo un vantaggio per chi vuole comunicare o vendere qualcosa, ma anche per l’utente finale che si imbatte in pubblicità pertinente ed utile.
Questa è la sfida del futuro: le aziende che investiranno in questa direzione acquisiranno un vantaggio competitivo. Ma serve un impegno concreto nel far evolvere le strutture marketing ed accrescere le competenze legate alla tecnologia e ai dati, o partnership con operatori trasparenti che, seppur legati ad obiettivi di performance nel breve termine, possano guidare l’azienda verso i giusti investimenti a favore di strategie a medio e lungo termine.