FCC

Net neutrality di Obama, “per i consumatori stangata da 15 mld di dollari”

Alla vigilia della decisione della Fcc il think tank Progressive Policy punta il dito sull’impatto che la riclassificazione del servizio banda larga potrebbe avere sugli utenti in termini di carico fiscale. Una “superbolletta” evitabile solo con nuove leggi

Pubblicato il 20 Feb 2015

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La decisione della Federal Communication Commission (Fcc) sulla disciplina del servizio di banda larga è prevista il 26 prossimo. Nonostante ormai la questione si sia tramutata in una diatriba ideologica – con senatori repubblicani all’attacco della Casa Bianca apertamente schierata per una net neutrality forte e gli stessi membri della Federal Communication Commission (Fcc) contrapposti secondo logiche del partito di appartenenza – ci sono ancora ambiti di discussione che evitano la deriva politica e si focalizzano sui risvolti economici dell’imminente decisione del board guidato da Tom Wheeler.

Uno di questi riguarda i riflessi in termini di tassazione del servizio broadband che si avrebbero qualora questo fosse – come si dà per scontato sia la decisione della Fcc – riclassificato sotto il Title II del Communication Act, quindi parificato a servizio di pubblica utilità e non più servizio informativo qual è ora.

Un primo avvertimento in questo senso lo ha lanciato MyWireless.org – dietro cui c’è un’associazione di consumatori – evidenziando come la tassazione media che colpisce la banda larga oggi sia il 7% (la sales tax generale) mentre l’aliquota media ponderata che grava su servizi telefonici e voce statunitensi è del 17%.

Quest’ultima percentuale è peraltro la risultante di uno spettro di aliquote (comprensive di tassa generale, tassa specifica statale e tassa specifica federale) che spaziano dal 24,4% dello Stato di Washington al 7,59% di quello dell’Oregon (http://www.mywireless.org/state-issues/state-tax-rankings/).

Più approfondita e mirata a calcolare l’effettivo potenziale incremento del carico fiscale che colpirebbe i consumatori a riclassificazione avvenuta è l’analisi prodotta dal think tank Progressive Policy Institute (PPI). Uno studio realizzato per il PPI dagli economisti Robert Litan e Hal Singer sostiene che la definizione di servizio di pubblica utilità implicherebbe un aumento di tasse – statali e locali – di circa 67 dollari (60 euro) per la banda larga appoggiata a linea fissa e 72 dollari (63 euro) per quella wireless. Anche in questo caso si tratta di medie ponderate: l’incremento fiscale sarebbe di solo 8 dollari per il Delaware ma di ben 148 dollari per alcune zone di uno stato già di per sé isolato quale l’Alaska.

A questi incrementi di tasse statali e locali andrebbero poi ad aggiungersi altri 17 dollari per famiglia di tasse federali come adeguamento previsto dall’Universal Service Fund (USF).

Pesando gli aumenti aggregati per il numero di utenti sul territorio nazionale, lo studio conclude che la ‘bolletta fiscale’ della riclassificazione per i consumatori ammonterebbe a 15 miliardi di dollari (oltre 13 miliardi di euro). Tali aumenti, avvertono i due economisti, discendono automaticamente dalla mera riclassificazione del broadband sotto il Title II: ci vorrebbe cioè un’apposita legislazione sia federale sia statale e/o locale che esenti il servizio da questi incrementi.

Litan e Singer non rinunciano a indicare un’alternativa di configurazione normativa, capace di “salvare capra e cavoli” – ovvero di far prevalere i principi dell’Open Internet evitando le ricadute negative della riclassificazione, fra le quali i due economisti – tradendo una certa contiguità con le argomentazioni dei grandi ISP – mettono anche una minor spinta all’innovazione e all’investimento privato. Il suggerimento è quello di guardare a un’altra legge più volte invocata anche da vari osservatori favorevoli all’Open Internet ma comunque scettici sulla riclassificazione: vale a dire la Sezione 706 del Telecommunication Act del 1996, che a suo tempo emendò il Communication Act del 1934. Questa sezione, dicono i due autori dello studio PPI, sarebbe sufficiente per proibire sia la ‘priorità a pagamento’ che il rallentamento della connessione per quei fornitori di contenuti che non volessero sottostare alla richiesta di un premium da parte degli ISP. Non a caso la Sezione 706 era parte cruciale della soluzione ‘ibrida’ che Wheeler ventilò a inizio novembre 2014 come possibile uscita dall’impasse che si stava creando. Ma questo era prima della clamorosa uscita del Presidente Barack Obama

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