CONFINDUSTRIA DIGITALE

Parisi: “Google tax incompatibile con diritto Ue”

Il presidente di Confindustria digitale contro la proposta di Francesco Boccia (Pd): “L’economia va sostenuta non spremuta”

Pubblicato il 12 Nov 2013

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La cosidetta web tax “non è compatibile con l’Ue, non si può fare solo in Italia, ed è concettualmente sbagliata” perché “l’economia va sostenuta e non spremuta”. E’ dura la posizione espressa dal presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, che, parlando al Digital government summit, oggi a Roma, ha bocciato così la proposta di legge del presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), ormai nota come web tax e che potrebbe essere, nei prossimi giorni, oggetto di approfondimento anche all’interno dell’esame della Legge di Stabilità. Il provvedimento stabilisce che servizi e prodotti online possano essere acquistati, in Italia, solo da soggetti che dispongano di una partita iva italiana.

“Invece di tassare Google – ha detto Parisi – vogliamo che le nostre aziende siano messe nelle stesse condizioni di competizione sul mercato ormai globale” del colosso di Mountain View. “Google, -ha sottolineato Parisi- da oggi con Google Play noleggia o vende film esattamente come la mia azienda Chili Tv, ma paga 10 punti in meno di Iva, non ha bisogno di codice fiscale e non manda fattura”.

“Quello che voglio – ha spiegato il presidente di Confindustria Digitale – è che la mia azienda sia messa nelle stesse condizioni di Google, non di tassare Google”. “L’economia va sostenuta non spremuta, invece in Italia l’economia e’ spremuta” ha concluso Parisi.

Parisi si è detto anche contrario a una modifica dell’Opa. “Sono molto contrario alla legge di riforma dell’Opa, spero che non passi in questa fase – dice il presidente di Confindustria Digitale– E’ molto dannoso, improponibile che si cambi la legge sull’Opa in corso”. “

Forse ci si poteva pensare prima, visto che Telecom Italia è sempre stata controllata da un soggetto con meno del 30% – prosegue – Perché Massimo Mucchetti si sveglia solo ora e non ne ha neanche mai scritto prima?”.

“Come si può pensare di attrarre gli investimenti esteri cosi’?” si domanda ancora Parisi, secondo cui “questo fa dell’Italia un Paese non affidabile, tanto più che Telefonica è un investitore europeo. Mi auguro una presa di coscienza da parte del Parlamento”.

Pronta la risposta di Massimo Mucchetti. “Parisi, come tutti, può dissentire dal Senato, ma prenda esempio dal viceministro Catricalà e impari a rispettare le istituzioni della Repubblica – commenta il senatore Pd – Il signor Stefano Parisi non è obbligato a leggere quello che ho scritto sull’Espresso e poi sul Corriere e in un libro come ‘Licenziare i padroni?’, sulla scalata dei capitani coraggiosi e sulle gesta di Tronchetti e di Telco, ma se commenta il lavoro di un giornalista dovrebbe farlo”.

“Non capisco poi, da dirigente di Confindustria Digitale, come personalizzi un’azione politica a difesa dei risparmiatori approvata pressoché all’unanimità dal Senato, che si è rinnovato per il 95% rispetto all’ultimo passaggio del controllo in Telecom Italia. Ma non si puo’ pretendere troppo da un signore che da ‘city manager’ di Milano fa l’accordo con e.Biscom, consentendole un clamoroso guadagno di Borsa, e poi va a lavorare presso la societa’ beneficata”, conclude Mucchetti.

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