INNOVAZIONE

Pmi digitali, il futuro è “verde” ma c’è bisogno di un ecosistema

Il Piano di azione green per le piccole e medie imprese punta a dare vita un nuovo segmento dell’economia che crei business e posti di lavoro

Pubblicato il 09 Apr 2015

Antonio Dini

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Aiutare le Pmi a sfruttare le opportunità dell’economia “verde”: questo l’obiettivo non solo governativo ma anche europeo. La Commissione Ue ha infatti adottato il “Piano di azione verde per le Pmi”. Le sfide ambientali rilanciano un segmento dell’economia tutto da inventare. E le iniziative a livello centrale creano un quadro normativo che può avere ricadute più che positive: non solo dal punto di vista della gestione maggiormente efficiente delle risorse ma anche e soprattutto nella creazione di nuove strategie di lavoro. Un migliore uso delle risorse deperibili e l’incentivo a usare quelle rinnovabili per quanto riguarda l’energia porterebbe a un risparmio di circa 630 miliardi l’anno in Europa. La valutazione è particolarmente importante in Italia, visto che la grande maggioranza delle Pmi nè impegnata nel settore manifatturiero. Il 40% dei costi dell’industria è da attribuire alle materie prime, che sale al 50% se si sommano anche i costi dell’energia e dell’acqua. Il lavoro impatta nel settore manifatturiero solo per il 20%, invece.

Quindi, contenimento dei costi dell’energia ma anche un utilizzo più efficiente dei materiali. Un dato: la quantità di scarti nella produzione di un manufatto passa dal 60% con le tecniche sottrattive a meno del 10% con quelle additive. Il piano di azione della Commissione comunque non si ferma alla richiesta di rendere più efficienti e verdi gli impianti di produzione o di lavorare su sistemi di risparmio dell’energia, ma vede anche la promozione e creazione di posti di lavoro. Da questo punto di vista le opportunità in questo settore diventano davvero interessanti perché gli Stati hanno assunto l’impegno a promuovere il piano di azione verde della Ue e a lavorare per fare in modo che vengano valorizzate le aziende che si muovono in questo contesto. Ciò vuol dire che chi segue una strategia orientata al “verde”, con ricerca e sviluppo, tecnologie e assunzioni adeguate, potrà capitalizzare una serie di vantaggi. A partire dall’accesso ai mercati dell’Ue, che il quadro normativo renderà più favorevole.

Attualmente solo il 13% delle Pmi vende i propri servizi, tecnologie e prodotti verdi sui mercati internazionali: una spinta con degli incentivi europei e nazionali in questo senso dovrebbe non solo far crescere il settore ma anche aiutare a muovere le altre 9 aziende su dieci. Il contesto favorevole di cui parla l’Ue serve comunque a fare in modo che le Pmi possano crescere in questo settore: la catena della creazione del valore “green” passa attraverso una serie di snodi: riciclaggio diffuso, attenzione all’ecodesign, ri-produzione e manutenzione avanzata dei beni. Sono potenziali leve di crescita nella misura in cui però la normativa e la cultura europea evolvano. Inoltre, il passaggio oramai ineludibile verso una economia verde porta con sé, assieme alle sostenibilità ambientale anche quella sociale ed economica: maggiore competitività per le Pmi, apertura di mercati inediti, possibilità di sviluppo del lavoro e creazione di competenze nuove. Cooperazione internazionale all’interno del quadro europeo, armonizzazione delle normative, spinta all’export e incentivi per l’internazionalizzazione: sono tutte azioni che possono far cogliere una opportunità importante a moltissime Pmi che si trovano in realtà avviate su un percorso di decrescita a causa della riduzione dei mercati e della trasformazione indotta dalla globalizzazione, dalla crisi e dall’avvento del digitale.

Messa in prospettiva, è una chiave di rinnovamento del tessuto imprenditoriale che potrebbe offrire lo spunto per la crescita, dopo una crisi ormai decennale. Il punto nodale è la creazione di un quadro normativo e di incentivi che permetta alle Pmi europee di essere messe in condizioni di aumentare l’efficienza nella gestione delle risorse, sfruttando le nuove filiere green che stanno nascendo sul territorio ma che hanno bisogno di essere aiutate a svilupparsi. In questo gioco di squadra a livello europeo, accanto alle riconversioni e agli investimenti in ricerca e sviluppo delle Pmi, ci deve essere anche la presenza delle università, che possono formare le competenze green per l’hi-tech da un lato e dall’altro produrre la ricerca innovativa necessaria alla creazione di prodotti e modalità di produzione innovative.

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