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Pmi, Purassanta: “Chi non si rinnova scomparirà”

Il presidente del comitato Pmi di Confindustria Digitale: “Se da soli non ce la fate, assumete giovani”

Pubblicato il 03 Apr 2015

Antonio Dini

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Quanto sono importanti le tecnologie per le Pmi? È importante ad esempio il cloud? “Quando abbiamo fatto questa domanda, in Italia ha risposto “sì” un’azienda su due. Negli Usa, per dare la misura, ha risposto “sì” il 98%”. Carlo Purassanta, nel suo ruolo di presidente dello Steering Commitee “Piattaforme di filiera per le Pmi” in Confindustria Digitale è in una posizione privilegiata per capire come si stanno muovendo le nostre piccole e medie aziende .

Purassanta, alle Pmi italiane non è ormai chiaro che il futuro passa dal digitale?

Gli studi mostrano che in tutti i settori quando un’azienda investe in tecnologia cresce di 13 punti più degli altri e di 11 punti in assoluto. Molti questo l’hanno capito. Ma non nego che in parallelo mi preoccupo per chi non si muove, perché so che le aziende che non fanno questi passi sono destinate a scomparire: se hanno asset e brevetti verranno probabilmente acquisite da investitori esteri, sennò chiuderanno.

Quali opportunità ci sono all’orizzonte?

Come Confindustria Digitale ne abbiamo individuate otto, che sono quelle che dobbiamo assolutamente insegnare agli imprenditori in tempi breve. Si tratta di: Mobilità, Cloud, Social enteprise, Big data, Digital marketing, Security (e privacy), Internet delle cose e infine esternalizzazione.

Quest’ultimo non sembra un tema legato alla tecnologia, o no?

Lo è: forse non per i piccolissimi, comunque capire quali sono le attività chiave dell’azienda e capire quali invece possono essere portate all’esterno è qualcosa che dipende strettamente dall’uso delle tecnologie che abilita l’azienda estesa.

Parlando di sicurezza, questa più che opportunità sembra una paura delle Pmi.

La Ue ha costruito una serie di regole a contorno del cloud che sono le più stringenti al mondo in termini di gestione delle informazioni end-to-end, protezione e di tracciabilità dei dati. Quando chiedi a un piccolo che usa sistemi suoi e non cloud se è in grado di avere la stessa tracciabilità, si ottiene raramente una risposta positiva. Quindi, il cloud in Italia è ad esempio una grande opportunità per mettere in sicurezza le informazioni.

Parlando di cloud: quali gli altri vantaggi?

Per la grande impresa vuol dire abbattere i costi e fare di più con meno: si scende a un quinto, addirittura a un ventesimo dei costi. Per un piccolo vuol dire qualcosa di più: fare un salto tecnologico prima impossibile perché la barriera di accesso era troppo elevata.

Il cloud è legato alla mobilità?

Il cloud abilita la mobilità, che a sua volta è una opportunità per ripensare il lavoro dentro e fuori l’azienda. Non solo far lavorare le persone in contesti diversi, ma anche ripensare i processi, procedere alla digitalizzazione eliminando la carta, ad esempio.

Big data e gli analytics: cosa cambia su questo fronte?

Il discorso lega assieme anche l’Internet delle cose. Nel 2020 il numero di dispositivi che creano dati diventerà gigantesco. Le aziende che oggi non hanno progetti qui domani si troveranno a dover inseguire. Anche perché con i dati raccolti capiamo l’impatto che i Big data stanno avendo sul modo di lavorare.

Cioè?

Con il machine learning le aziende possono prevedere cosa farà il consumatore o il cliente. Già oggi sistemi esperti riescono a capire dai primi giri di un gran premio quale sarà l’ordine di arrivo, o dalle prime partite degli ottavi di un mondiale i risultati sino alla finale. Un’azienda che produce ascensori è passata dalla manutenzione reattiva su chiamata per guasti ad una manutenzione proattiva programmabile, perché “sa” quale ascensore avrà problemi prima del guasto.

Cos’è la social enterprise?

Ogni generazione ha portato più velocità ed efficacia delle precedenti. Le nuove generazioni stanno portando il concetto di digital first, nuove modalità di comunicazione e di organizzazione, con blog, chat, messaggerie, social network. E social vuol dire rapidità, intensità e commitment, facilità al cambiamento e motiviazione intrinseca delle persone.

C’è anche una ricaduta sui consumatori?

Certo. È il digital marketing, che costruisce e gestisce una relazione e una influenza con i consumatori prim’ancora che escano di casa per comprare. Oggi il processo di acquisto è finito nel 69% dei casi prima di entrare nel negozio. Servono nuove competenze per ingaggiare questi nuovi acquirenti.

Cosa verrà dopo?

I temi sono: stampa 3D, realtà aumentata, nuove forme di interazione uomo-macchina sempre più naturali e gamification. Parleremo con le macchine e loro parleranno con noi, traducendo il nostro pensiero nella lingua di un turista straniero, ad esempio.

Cosa consiglia alle Pmi?

Se non non sapete cogliere la sfida digitale, assumete giovani sotto i 25 anni che si occupino del marketing digitale. Loro sapranno inventarsi come gestire il digitale. Il Roi di queste assunzioni è altissimo.

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