GIUSTIZIA

Privacy, i dati smartphone diventano “prove” in un processo per omicidio

Il pm di Torino ottiene dall’operatore l’accesso alle informazioni sulle connessioni a Internet mobile dell’accusato. Secondo la difesa saranno utili a dimostrarne l’innocenza

Pubblicato il 19 Feb 2016

legge-diritti-sentenza-151126151033

Caso AppleFbi in salsa all’italiana scongiurato. La compagnia telefonica Wind ha accolto l’invito della Procura di Torino a fornire alcuni dati relativi alle tracce lasciate durante la connessione alla rete dal telefono della persona che, secondo gli inquirenti, avrebbe partecipato al pestaggio di gruppo, poi sfociato in omicidio, di Sahid Wahdoud.

Il via libera della telco all’accesso dei dati dovrebbe permettere di accertare la fondatezza dell’alibi fornito dall’imputato, assistito dagli avvocati Wilmer Perga e Davide Diana, che nega l’accusa e sottolinea di esser stato altrove quella sera. L’idea di controllare le tracce telematiche è venuta ai difensori dopo l’analisi dei tabulati telefonici: l’apparecchio è infatti risultato inattivo, ma l’albanese sostiene di avere inviato messaggi tramite Whatsapp e di essersi connesso ai social network.

“La mappatura – hanno spiegato i legali – dovrebbe permettere di ricostruire le connessioni alla rete e anche di stabilire dove fosse posizionato il telefonino. A quanto ne sappiamo questi dati hanno però una durata di un anno ed è necessario acquisirli il prima possibile”.

Wind ha però opposto rifiuto spingendo i due avvocati a rivolgersi direttamente alla Procura. Quest’ultima ha invece l’ok dalla compagnia che permetterà al pm Manuela Pedrotta di avere ulteriori elementi d’indagine a disposizione. L’iniziativa viene considerata inedita, almeno negli ambienti giudiziari subalpini dove si fa comunque presente che i dati in questione sono “di difficilissima lettura”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati