Privacy, Soro: “Aggiornare le regole per rafforzare i diritti”

Il Garante Privacy dà la sua ricetta per ridare fiducia agli utenti dopo il Datagate: “Il Codice Privacy resta essenziale, ma serve che istituzioni e player di settore avviino un confronto per aumentare le tutele in modo sistemico”

Pubblicato il 04 Mar 2014

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Ricostruire la fiducia dei cittadini, facendo leva sull’esigibilità del diritto alla privacy. È la ricetta di Antonello Soro presidente dell’Autorità per la Protezione dei dati personali.
Cosa può fare il Garante per ricostruire la fiducia dei cittadini all’indomani del Datagate?
Le rivelazioni di Snowden hanno avuto il merito di rimettere al centro dell’attenzione l’importanza della protezione dei dati personali. Per converso, il Datagate rischia di determinare una perdita di fiducia nella Rete e, in generale, nei social media, avendo l’Nsa realizzato una raccolta indiscriminata di qualunque tipo di dati su chiunque, a prescindere da ogni indizio di reato. Ne è derivata una diffusa paura della violazione della propria sfera privata anche per i cittadini europei – ai quali la normativa interna garantisce una tutela particolarmente forte sotto il profilo della riservatezza, Per fortuna, la presa di coscienza che si è avuta, come dicevo, dopo le rivelazioni di Snowden ha portato a una rinnovata attenzione ai temi della privacy a livello globale. La conseguenza è stata che gli Usa hanno avviato una revisione delle politiche d’intelligence sia sul fronte interno che sul fronte internazionale e la stessa Unione europea ha richiesto con forza un’assunzione di responsabilità da parte degli Usa e l’impegno a garantire, ai cittadini europei un grado di protezione non inferiore a quello previsto dalla normativa interna. È ragionevole ritenere che anche i cittadini europei potranno contare su maggiori garanzie e più intensi controlli sulla legittimità dell’azione delle agenzie di intelligence. Per parte sua – e con un’iniziativa che non ha precedenti in altri Stati europei – il Garante nello scorso novembre ha siglato un protocollo d’intesa con il Dipartimento informazioni per la sicurezza della Repubblica, tale da rafforzare ulteriormente le garanzie dei cittadini anche nel settore dell’intelligence. Se poi si considera, appunto, che anche la più pervasiva azione delle agenzie d’intelligence Usa e le loro possibilità di acquisizione dei dati detenuti dai provider americani, in particolare dagli Ott, saranno verosimilmente a breve fortemente ridotte e controllate, credo che i cittadini americani ed europei possano ragionevolmente tornare a fidarsi della Rete.
In questo contesto il codice privacy è ancora efficace oppure va aggiornato?
La normativa in materia di protezione dati è uno strumento preziosissimo, oggi indispensabile, per muoverci nella realtà digitale e poter difendere la parte più intima e privata di ciascuno di noi. È, insomma, condizione essenziale per avere fiducia nella, e non timore della, Rete e dei social media. La fiducia presuppone infatti consapevolezza degli strumenti, dei rimedi e delle garanzie che la legge ci accorda in caso di violazione della nostra sfera privata. Il Codice rappresenta un riferimento essenziale per ciascuno di noi, che ci rende consapevoli dei nostri diritti, delle garanzie da esigere da chi tratta i nostri dati, che ci consente di opporci a forme di abuso, profilazione occulta, strumentalizzazione delle informazioni che ci riguardano e, se occorre, di far valere le nostre ragioni anche chiedendo l’intervento del Garante. L’impianto del Codice, che risale a undici anni fa, è nel suo complesso tuttora validissimo, anche se l’approvazione del nuovo Regolamento-quadro europeo sulla protezione dati attualmente in discussione, muterà – mi auspico a breve – la cornice normativa di riferimento. Quello che sicuramente va evitato è procedere come ha fatto il legislatore italiano quando, spesso con decretazione d’urgenza, ha adottato modifiche del tutto episodiche, asistematiche e contingenti al di fuori di ogni prospettiva di riforma organica, che hanno spesso costretto il Garante ad interventi di coordinamento o provvedimenti interpretativi per superare contrasti e difficoltà applicative. Sarebbe invece necessario, come più volte sollecitato dal Garante e come del resto avviene in sede europea, che Governo, Parlamento e categorie interessate (professioni, imprenditoria, associazioni) avviino un confronto sulle modifiche che sarebbe utile apportare alla disciplina vigente per rendere la privacy un diritto sempre più “esigibile”, effettivo e correttamente bilanciato con i vari interessi in gioco.
La Merkel ha parlato di una Rete europea a contrasto dello spionaggio. Lei che giudizio dà?
L’idea, avanzata dalla Cancelliera tedesca, di istituire un network europeo di comunicazione per migliorare la protezione dei dati che ne eviti il “passaggio” automatico dagli Usa, può certamente contribuire a rafforzare le garanzie dei cittadini europei, se non altro perché consentirebbe l’applicazione della normativa Ue a un ingente flusso di comunicazioni e dati, oggi nella disponibilità di fornitori americani. Tuttavia, l’obiettivo cui si dovrebbe tendere è, a mio avviso, non tanto quello di una ri-sovranizzazione della governance dei media, quasi una sorta di autarchia delle comunicazioni elettroniche, quanto piuttosto la previsione, a livello globale, di garanzie minime per i cittadini di qualsiasi Paese. Fenomeni globali necessitano di regole globali, che promuovano i diritti di tutti. Ciò che va globalizzato non è l’indifferenza ai diritti ma la loro tutela.
Che ruolo ha l’educazione per un uso consapevole della Rete?
L’educazione all’uso della rete è una componente essenziale, forse la più importante, dello statuto della nuova cittadinanza nella società digitale. La Rete non è una realtà parallela ma è lo spazio in cui si dispiega una parte sempre più importante della nostra vita. Vita reale e vita virtuale sono sempre più connesse e la rivoluzione digitale che trasforma in dati porzioni sempre più rilevanti delle nostre esistenze pone problemi nuovi per le nostre libertà. Tutti gli attori istituzionali, ma anche media, associazioni di categoria, mondo del web, sono chiamati a misurarsi con le sfide di questa complessa fase di transizione e a individuare e promuovere “l’educazione della persona digitale”, una sorta di nuova educazione civica, rivolta a tutti i cittadini, agli operatori, agli utenti della Rete senza distinzione di età o di ruoli. Il Garante è impegnato da tempo in un’azione di sensibilizzazione sul tema dell’educazione digitale, al quale ha peraltro dedicato la Giornata europea della privacy di quest’anno, nella convinzione che la consapevolezza dei propri diritti, anche nello spazio digitale, sia la più forte difesa dalle nuove vulnerabilità cui, altrimenti, rischia di esporci l’evoluzione tecnologica.

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