DOSSIERAGGIO

Quell’asse pericoloso tra IT e spionaggio

La diffusione delle tecnologie offre nuove opportunità all’antico metodo del dossieraggio. Le democrazie dovrebbero riflettere sulle conseguenze

Pubblicato il 06 Ott 2014

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Il buio delle democrazie. Unità 8-200 elitaria, supersegreta, israeliana. 43 riservisti refuzniks, determinati col loro governo: “Basta perseguitare palestinesi innocenti”. A chi chiede spiegazioni, i portavoce i della difesa israeliana danno a intendere che i 43 rosicano perché da tempo non vengono richiamati in servizio. Un paio di giorni, la polemica s’è raffreddata. Nel frattempo affiorano le brillanti capacità di 8-200 nel costruire dossier su tossicodipendenti, omosessuali, adulteri, corrotti di varia caratura, insomma personalità vulnerabili, all’interno e all’esterno di Israele.

Curioso che nessuno abbia osservato quanto in Italia sia un déjà vu, antico, del secolo scorso, quando interi dipartimenti segretissimi trasformavano la spazzatura umana in oro colato di informazioni. Forse abbiamo anche addestrato gli antesignani di 8-200. Facta sunt consequentia rerum. Costruisci il dossier su un farabutto. Se costui non ha qualità, lo utilizzi come spione oppure come sicario, picchiatore, torturatore, trafficante. Se invece ha numeri, gli fai strada fino ai massimi livelli e trarne vantaggi più solidi: grande manager, politico di successo, ammiraglio brillante. Rimane tuttavia un corrotto. Quanto più lo mandi in alto tanto più sparge corruzione intorno e sotto di sé. Grazie alla lettera dei 43 refuzniks, le democrazie potrebbero riflettere su se stesse, sull’utilità di combattere la corruzione con le leggi e infettarsene con le operazioni supersegrete. In Italia dovremmo porci domande più penetranti, perché qualcosa accadde nella notte della repubblica. Potremmo ammonire Israele sul pericolo che corrono le democrazie che disfano di notte quanto fanno di giorno.

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