SECURITY

Security, chi si arricchisce con lo spam?

La posta indesiderata alle aziende costa un miliardo di dollari l’anno. Ma costa 20 miliardi all’intera società, fra sprechi energetici e ambientali. In tasca agli spammer vanno “soltanto” 200 milioni

Pubblicato il 19 Gen 2014

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Quanto costa lo spam alle aziende? E a quali rischi le espone? Secondo una ricerca di Radicati Group alla fine del 2013 si può ipotizzare che la posta indesiderata, composta per la maggior parte di messaggi automatizzati, costi alle aziende poco meno di un miliardo di dollari l’anno. Secondo un’altra fonte, The Economics of Spam,” di Justin M. Rao e David H. Reiley, ricercatori rispettivamente di Microsoft e Google, il costo per la nostra società nel complesso è molto più alto: quasi 20 miliardi di dollari, mentre il guadagno per gli spammer è ovviamente molto più basso: a loro nel migliore dei casi vanno in tutto meno di 200 milioni di dollari.

I costi per le aziende derivano invece fondamentalmente da tre voci: la gestione di server sovraccaricati e il conseguente consumo di banda passante; il tempo impiegato da dipendenti e sistemisti; la tutela legale nel caso si venga accusati di spamming (alcuni pc compromessi nella rete aziendale fanno da rilancio per lo spam che è vietato da tutti i fornitori commerciali di servizi di posta elettronica). A questo bisogna aggiungere un costo nascosto, quello dei falsi positivi: mescolati a miliardi di messaggi spam filtrati dagli operatori e dalle aziende prima ancora che arrivino nella casella anti-spam, ci sono alcune mail legittime e, in alcuni casi, anche urgenti e importanti che vanno perse per sempre.

Un costo ancora maggiore, secondo McAfee, si ottiene guardando un altro indicatore: nel rapporto “Carbon Footprint for Email Spam” la società di sicurezza informatica calcola che il costo energetico e ambientale dello spam faccia sprecare 33 miliardi di kilowattora all’anno, equivalenti a 17 milioni di tonnellate di Co2, pari all’inquinamento prodotto da 2,5 milioni di abitazioni. È il costo di trasmissione e di consumo supplementare di energia da parte dei server deputati a cercare, trovare ed eliminare lo spam, che è pari al 68% delle email trasmesse ogni giorno.

Lo spam è un affare per chi lo produce, perché costa poco. Lo spammer non ha costi di gestione o di banda passante da pagare. Inviare e scaricare lo spam è semplice, il difficile è gestirlo: qui nascono i costi per le aziende (quelli per i privati sono assorbiti dai provider di posta elettronica). Paradossalmente, a trarre il maggior guadagno dallo spam sono le società che forniscono apparecchiature per il filtraggio e la gestione della posta: un mercato da circa 600 milioni di dollari l’anno.

A facilitare la vita agli spammer sono due aspetti: l’esistenza di un quadro normativo internazionale eterogeneo e l’esistenza di “stati canaglia” che non collaborano in caso di individuazione di uno spammer. Creare e diffondere spam è un’attività con margini piccoli: la media calcolata di conversioni (l’utente effettua l’acquisto proposto) è di 1 su 2 milioni di messaggi, contro 1 ogni 50mila per la normale pubblicità online. Però il costo di gestione e spedizione è nullo, e produrre un grande numero di messaggi è facile: esistono elenchi di email attive che vengono venduti su Internet e si può sempre ricorrere al metodo casuale. Per questo motivo il numero di spammer è limitato: secondo le stime delle principali società che producono anti-spam, a fronte di migliaia di “spammer dilettanti” che hanno messo in piedi operazioni di medio-piccola entità, i grandi signori dello spam responsabili della diffusione di quasi tutti i sette milioni di miliardi di messaggi spam nel 2011 sono al massimo una dozzina.
A.D.

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