Bandi smart city, 348 milioni in attesa di sblocco

Pronti i decreti del Miur per assegnare i fondi dei vecchi bandi Profumo di giugno 2012. Ma i fondi sono caduti in perenzione: devono essere riassegnati dal Mef, a quanto risulta al nostro sito

Pubblicato il 03 Giu 2015

Alessandro Longo

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Ancora in stallo i fondi per i vincitori dei bandi smart cities di giugno 2012, 348 milioni di euro (di cui 30 milioni per i giovani): il ritardo ha ormai del clamoroso, ma la partita non è perduta. Dal Miur fanno sapere al nostro giornale che “siamo ormai pronti con i decreti per l’erogazione dei fondi da parte delle banche. Purtroppo abbiamo dovuto trovare un escamotage per risolvere problemi giuridici del bando, per com’era stato scritto; inoltre i fondi sono caduti in perenzione e quindi dovremo chiedere al Mef di rimetterli in bilancio”.

Era ovvio che cadessero in perenzione. La perenzione amministrativa avviene quando le somme stanziate nel bilancio dello Stato ed impegnate, in seguito a gara pubblica, non vengono spese dalle amministrazioni pubbliche entro un certo periodo di tempo, pari a tre anni (prima della finanziaria 2008 erano sette anni). La procedura per rendere attiva (cioè reinscrivere) una certa somma caduta in perenzione comporta generalmente non meno di 4-6 mesi. E’ ragionevole pensare che i soldi arriveranno ai vincitori dopo l’estate.

I bandi sono due, per un totale di 348 milioni di euro (tra contributo alla spesa e credito agevolato). In origine valevano 655 milioni di euro, in 16 ambiti tematici, per stabilire 32 progetti smart cities vincitori. A questi il Miur ha abbinato, con un altro bando collegato, progetti di social innovation rivolti a giovani under 30.

Per il primo bando ci sono 318 milioni di euro, di cui 143 come contributo alla spesa e il resto come credito agevolato. Per i giovani ci sono 30 milioni di euro come contributo alla spesa. I soldi sono meno di quanti previsti in precedenza perché gli esperti del ministero hanno scartato alcuni progetti, giudicati non meritevoli, e su altri hanno abbassato le stime dei costi necessari a svilupparli.

Già a dicembre, il Miur aveva detto al nostro sito che i soldi erano in arrivo, ma a quanto pare le questioni giuridiche erano più complicate del previsto. “Il problema- spiegano da Miur- era che il bando voleva assegnare direttamente fondi pubblici a giovani per l’acquisto delle attrezzature scientifiche. Avremmo quindi dovuto chiedere una fideiussione pari a 15 mila euro. La soluzione che abbiamo trovato è stata di assegnare i fondi tramite le università e ha richiesto parecchio impegno”. Uno dei vincitori dei bandi ha scritto due giorni fa alla nostra redazione denunciando un forte disagio, per i ritardi.

“Siamo in una situazione drammatica e nessuno sembra interessarsene, faccio appello al vostro spiccato senso di denuncia e di trasparenza per chiedervi se fosse possibile – almeno per voi – di avere informazioni veritiere da parte del Ministero”.

I giovani vincitori dei bandi hanno già protestato nei mesi scorsi, per molti motivi.

Primo: trattandosi di progetti di ricerca innovativi, ogni mese è prezioso: i vincitori vedono già nascere aziende concorrenti, con le stesse idee o simili.

Secondo: il bando impone di non avere un contratto di lavoro (se non con un numero di ore esiguo) parallelo a quello della sperimentazione. E quindi i ricercatori non possono trovare un impiego in questo tempo di attesa. Terzo: i progetti si avvalgono di partnership apposite- previste dai bandi- con numerosi soggetti, pubblici e privati (università, pubbliche amministrazioni…). Il danno quindi è esteso a tutto il territorio di riferimento. Quarto: i progetti finanziati hanno un programma di attività di tre anni, come richiesto dal bando, e quindi business plan adeguati a questa tempistica. Ma adesso che i tempi sono saltati, i business plan sono da rifare e potrebbero non essere ugualmente sostenibili.

Adesso non resta che sperare che il Mef riassegni quei fondi. E che non sia troppo tardi per chi vi aveva costruito intorno un piano di business.

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