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Città & traffico: la tecnologia può battere l'”effetto uomo”?

Solo grazie alla recente disponibilità di dati a livello dei singoli individui ed aziende si è potuto studiare la complessa rete di interessi, economici e non, che generano il traffico cittadino: e quindi formulare politiche efficaci

Pubblicato il 16 Ott 2015

Giacomo Dalla Chiara

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Il professor Jose Holguin-Veras del Rensselaer Polytechnic Institute di New York è stato molto schietto quando, riferendosi al problema della mobilità urbana, ha detto “an obvious solution is always wrong”, “una soluzione ovvia è sempre errata”. Il sistema fisico, normativo ed economico che permette ai cittadini di spostarsi all’interno di una città e alle merci di raggiungere i rispettivi destinatari, è un sistema estremamente complesso, fondamentale all’esistenza dell’urbe e al contempo fonte del problema del traffico cittadino.

Da secoli si è cercato di risolvere il problema della congestione stradale introducendo politiche per rendere il trasporto urbano sostenibile. Già nel quinto secolo a.C. Giulio Cesare vietò l’uso di veicoli privati nelle strade dell’antica Roma per la prime dieci ore del giorno, limitando i trasporti merci ad operare per poche ore prima del tramonto.

Da allora, le politiche finalizzate a contrastare il traffico cittadino non sono cambiate di molto. Vorrei citare tre esempi, due basati su fatti accaduti ed uno più teorico, che ben descrivono, a mio parere, come una “soluzione ovvia” al traffico urbano possa portare a risultati inaspettati.

Il primo: New York, 2009, quando il governo cittadino decise di chiudere parte di Broadway, la strada che attraversa diagonalmente il quartiere di Manhattan (a fronte di un sempre più caotico traffico pedonale) molti formularono teorie catastrofiche sull’imminente collasso della viabilità cittadina. Il progetto prevedeva nuove aree pedonali e piste ciclabili. Con grande sorpresa il traffico migliorò su tutta Manhattan.

Il secondo: nel primo decennio di questo secolo alcune città dell’Europa (soprattutto Italia, Francia e Paesi Bassi) hanno ridotto l’orario per la consegna delle merci nei centri cittadini con lo scopo di eliminare le attività di carico/scarico nelle vie commerciali e di migliorare la viabilità urbana. Tuttavia, studi recenti hanno dimostrato che queste politiche hanno spesso portato a risultati opposti, aumentando il traffico merci nelle zone suburbane e incrementando i km percorsi dai trasportatori.

Il terzo: supponiamo di voler introdurre un “sistema di trasporto intelligente” (ITS) nella forma di un software in grado di decidere l’itinerario di ciascun conducente. Quale percorso questo navigatore dovrebbe segnalare? Se il sistema indicasse a tutti i conducenti il percorso più breve, in poco tempo questo sarebbe bloccato dal traffico e il sistema fallirebbe. La soluzione ottimale è assegnare il percorso più breve a qualche “fortunato” guidatore, mentre ad altri vengono indicati percorsi più lunghi, ma quali percorsi e come assegnarli in modo equo?

Il governo di New York ha implementato una soluzione infrastrutturale; nel secondo caso si è semplicemente regolamentato il traffico merci; il terzo prospetta un’innovazione tecnologica. In tutti e tre i casi la soluzione proposta ha generato dei risultati contrari alle aspettative: nel primo l’eliminazione di una arteria stradale ha migliorato il traffico anziché peggiorarlo, mentre la regolamentazione del traffico merci può avere un impatto opposto a quello previsto, ed infine sembra paradossale l’esistenza di un sistema intelligente che possa decidere per noi la strada “migliore”.

Una soluzione univoca al problema della congestione, sempre che esista, non è ancora stata trovata. La tecnologia da sola non è una soluzione, come non lo è una semplice limitazione del traffico. Solo di recente iniziamo a comprendere la natura “comportamentale” del traffico urbano: per prevedere l’efficacia di una politica, dobbiamo prima avere una maggiore comprensione degli effetti di questa sul complesso network urbano di privati cittadini e attività commerciali. Ogni individuo ed azienda è un caso a sé, ma è l’interazione di questi casi che determina il formarsi di fenomeni collettivi, come per esempio il traffico. Solo grazie alla recente disponibilità di dati a livello dei singoli individui ed aziende, si è potuto studiare la complessa rete di interessi economici e non, che generano il traffico cittadino, e quindi formulare delle politiche meno ovvie e più efficaci, come del resto è emerso dalla Urban Freight and Behaviour Change Conference tenutasi di recente a Roma.

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