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Software a prova di bugia

L’algoritmo di Buffalo consente di stabilire se qualcuno sta mentendo con un’approssimazione superiore all’80%, ma non è infallibile

Pubblicato il 19 Mar 2012

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Non pare una bufala sebbene giunga da Buffalo, dalla State University of New York (lo stato). A Buffalo misero a punto un software per analizzare gli occhi per rivelare se un soggetto mente. Per ora è garantito l’82,5% di successi, un po’ poco, a dire il vero. Comunque il mito della verità provata sembra in ottima salute e piuttosto che invecchiare viene rilanciato. La fiction televisiva “Lie to Me” sta divulgando la cosiddetta face gesture recognition, che concerne la faccia, le mani, gli occhi e tutta la postura, dalla cui analisi l’osservatore dovrebbe avere un’idea di quello che pensa l’osservato, se mente e quali siano le linee tendenziali del suo carattere.

Il mondo anglosassone dette molta importanza, sin dal 1913, alla ricerca di William M. Marston, studente di psicologia di Harvard, sul mutamento di pressione sanguigna in conseguenza delle bugie. Nel 1938 pubblicò “The Lie Detector Test”. Era nata la macchina della verità; attraverso la misura di pressione del sangue, polso e respirazione, di pari passo alle risposte dell’osservato, per misurare la sua sincerità. La pena di morte agli innocenti o l’assoluzione ai colpevoli non hanno scoraggiato la fede nella verità di quella macchina.

Oggi l’algoritmo di Buffalo garantisce l’82,5% di successi: già entusiasma. Figuriamoci quando supererà il 90%. La scienza sa che il 100% è impossibile. La logica certifica che una verità al 99 virgola quanti nove volete per cento non è “verità”. Sarà una verità convenzionale sulla quale giurare e per la quale morire con la consueta stoltezza. Mi ami? A me gli occhi! Clic. Tu menti! Tragedie annunciate ma meno divertenti d’un tempo non lontano.

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