SECURITY

Spionaggio Usa, all’industria del cloud costerà 35 mld $

IT & Innovation Foundation: lo scandalo Datagate causerà una fuga di clienti dalle aziende americane fornitrici della nuvola. Stimata in una quota del 20% la possibile riduzione del market share estero

Pubblicato il 27 Nov 2013

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Il Datagate può arrivare a costare all’industria del cloud statunitense fino a 35 miliardi di dollari di ricavi in meno entro il 2016 a causa dei dubbi emersi sulla sicurezza nella gestione delle informazioni. Lo sostiene l’Information Technology & Innovation Foundation, gruppo di ricerca di Washington che rappresenta una cinquantina di companies tra cui Intel, Google, Facebook e International Business Machines.

In un rapporto elaborato dalla Foundation si stima che, come conseguenza delle rivelazioni sui programmi di sorveglianza internazionale della Nsa (National Security Agency), gli Usa potrebbero perdere fino al 20% del mercato estero del cloud computing, a tutto vantaggio dei competitor.

La previsione è in parte basata su un sondaggio precedentemente condotto dalla Cloud Security Alliance, dal quale è emerso che, dopo il Datagate, il 56% dei non residenti negli Usa si è dichiarato meno disponibile a utilizzare servizi di cloud computing con sede negli Stati Uniti e il 10% degli intervistati ha addirittura cancellato ogni rapporto con le aziende situate negli Stati Uniti.

I media americani riferiscono alcuni casi concreti di aziende sparse per il mondo che per il sito Internet e l’email si servivano di un server gestito da un’azienda Usa e che, dopo le rivelazioni sullo spionaggio internazionale di Washington, hanno cambiato fornitore spostandosi su cloud provider europei o asiatici.

Anche la Computer and Communications Industry Association ha denunciato che, dopo lo scandalo Nsa, le aziende “hanno avuto seri problemi con la fiducia che gli utenti riponevano su di loro”.

Nelle scorse settimane è emerso che i servizi segreti Usa avevano spiato i dati telefonici di Germania, Francia e Italia. Immediate le proteste dei rispettivi governi nei confronti di Washington, che ha reagito scusandosi.

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