LA RICERCA

Startup innovative, investimenti record nel 2015: 133 milioni

Report Osservatori Digital Innovation Polimi e Italia Startup: superato il picco 2013 (129 milioni), +11% rispetto al 2014. Ricavi e dipendenti in crescita

Pubblicato il 21 Ott 2015

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Gli investimenti di investitori non istituzionali (Venture Incubator, Family Office, Club Deal e Business Angels) sulle startup innovative sono in chiaro trend di crescita, +32%, passando da 57 a 75 milioni di €. Gli investimenti dei soggetti istituzionali stanno subendo un trend decrescente, pari a -8%. Il 2014 e il 2015 possono essere considerati un periodo di transizione per gli investitori istituzionali, visto che nel 2013 alcuni fondi hanno terminato il loro ciclo di vita. Tuttavia, nuovi accordi sono in fase di chiusura e stanno raccogliendo capitali per investimenti futuri. È quindi attesa una “rinascita” degli investimenti da parte di fondi istituzionali nel breve-medio termine.

Sono i dati che emergono dal report dell’osservatorio Startup HI-Tech presentati oggi dagli osservatori digital innovation della School of Management del Politecnico di Milano e Italia StartUp e, in collaborazione con Smau. Alla 52esima edizione dell’evento, in programma dal 21 al 23 ottobre a Fieramilano, sono presenti oltre 300 start-up italiane e sono gia’ confermati 70 investitori internazionali, pronti a seguire l’offerta di contenuti che la manifestazione mette a disposizione. Saranno 40 i workshop in lingua inglese dedicati al matching tra imprese italiane e investitori stranieri, a cui si aggiungono gli speed pitching, l’opportunità data alle startup di presentare il proprio progetto in 90 secondi al pubblico internazionale. Uno dei temi principali dell’edizione 2015 è lo sviluppo dell’innovazione e della crescita attraverso il supporto alle start-up italiane e alle pmi innovative.

“Gli investitori non istituzionali in Italia stanno rivestendo un ruolo sempre più preponderante – afferma a proposito del reporto Antonio Ghezzi, direttore dell’osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano – Contribuiscono, infatti, a far registrare un nuovo picco al totale degli investimenti in Italia, che raggiungono così quota 133 milioni di euro e superando il picco del 2013 pari a 129 milioni di €. Tuttavia, la dimensione relativa degli investimenti italiani è ancora limitata quando comparata a quella di altri paesi europei, e il distacco si sta espandendo come previsto: nel 2014, gli investimenti interni in incubatori aziendali in Germania e Francia sono stati circa dieci volte superiori al valore di quelli riservati alle startup in Italia, mentre in Spagna sono stati circa il doppio”.

“Gli investimenti in Italia non sono ancora in linea con il PIL e con la dimensione della nostra economia nello scenario globale. Se il dato francese è in linea con lo sviluppo dell’economia del Paese, colpisce il dato spagnolo, che riporta investimenti doppi rispetto a quelli italiani pur nel contesto di un’economia non basata sull’innovazione ma su altri settori merceologici – sottolinea Marco Bicocchi Pichi, presidente di Italia Startup Riteniamo fondamentale che il Governo agisca sugli incentivi fiscali per l’ingresso dei privati, cogliendo la dinamica positiva mostrata dai dati di quest’anno. Pur apprezzando le misure introdotte nel passato, queste non sono ancora sufficienti a dare la spinta necessaria. Oltre a incentivare gli investimenti nei macchinari è importante defiscalizzare anche l’investimento e l’acquisizione di startup”.

Rispetto al 2013, le startup del settore ICT hanno mantenuto, nel 2014, il primato delle startup più finanziate: hanno ricevuto il 74% dei fondi, in linea con il 75% del 2013; quelle del settore Life Science passano dall’11 al 17% e scavalcano le startup Cleantech ed Energy che scendono dal 10% al 6% dei fondi disponibili.

Il profilo del founder italiano di startup è invece sostanzialmente in linea con quelli degli altri Paesi europei. l’Italia ha (insieme alla Francia) la più alta percentuale di fondatori laureati, una disparità di genere nella media (decisamente più alta di quella di Spagna e Regno Unito ma più bassa di quella riscontrata per Francia e Germania), ed i suoi fondatori sono leggermente più anziani della media degli omologhi europei. I founder italiani hanno conseguito almeno un titolo di laurea triennale nel 93% dei casi: più della metà di questi ha un background di studi scientifici e tecnologici (55%), nonostante si trovi poi a ricoprire principalmente ruoli manageriali all’interno della startup (52%). Sono in larga maggioranza uomini (88%) ed hanno in media 38 anni; fondano le proprie startup in team (74%) includendo profili di differenti provenienza e talento.

“Considerando il totale dei ricavi generati dalle startup finanziate e il numero di impiegati assunti e dichiarati a bilancio, abbiamo notato un trend positivo stabile attorno al 20% dal 2012 al 2014. Lo sviluppo delle startup hi-tech in Italia si presenta quindi come un fenomeno che ha saputo mantenere una crescita sistematica”, commenta Raffaello Balocco, responsabile scientifico dell’osservatorio Startup Hi-tech del Politecnico di Milano.
Nelle 230 startup finanziate e attive dal 2012 al 2014, il fatturato medio è cresciuto del 35% passando da 558.000 euro nel 2012 a 756.000 nel 2014, con un incremento nell’ultimo anno del 21%, mentre il numero medio di impiegati è salito da 4 a 6.
Dal momento che questi valori medi sono influenzati dalle startup alto performanti con giro d’affari superiore al milione di euro, è stato anche definito l’identikit di una startup “media” analizzando i valori mediani, che hanno evidenziato come il fatturato di una startup tipica sia cresciuto dai 20 mila euro del 2012 ai 94 mila del 2014, con un numero di impiegati cresciuto da 1 (2012) a 3 (2014).
Più in generale, il numero totale dei dipendenti delle startup innovative finanziate in Italia ha registrato una crescita stabile di circa il 25% annuo.

Tuttavia, occorre tenere conto che questi due parametri non sono pienamente rappresentativi della performance delle startup fondate sul territorio. Più nello specifico, il numero di assunzioni è un parametro che sottostima evidentemente l’impatto complessivo nella creazione di posti di lavoro derivante dalle startup hi-tech, che sovente si avvalgono di collaboratori esterni.

“Alla luce di queste considerazioni, nonostante le risorse a disposizione dell’ecosistema sono ancora limitate (specialmente confrontando gli investimenti italiani con quelli di altri Paesi europei), è possibile affermare che le startup in grado di attirare investimenti dimostrano evidenti trend positivi di crescita. Queste profonde dinamiche sono in grado di fare nutrire aspettative positive sugli sviluppi futuri dell’ecosistema”, conclude Ghezzi.

Il totale degli investimenti in startup hi-tech stimato per il 2015 è di 133 milioni di € (+11% rispetto al 2014 e superiore in valore assoluto dai 129 milioni fatti registrare nel 2013). SI stima un aumento in percentuale dei finanziamenti provenienti da investitori non istituzionali (+32%) a fronte di un calo di fondi provenienti da fonti istituzionali (-8%).
Rimane sostanzialmente invariata la distribuzione territoriale degli investimenti istituzionali: nonostante il sostanziale calo di fondi a disposizione (dagli 82 milioni di € del 2013 ai 63 del 2014) le startup localizzate al Nord raccolgono più della metà del totale (54%), seguite da quelle del Centro (30%) e da quelle provenienti da Sud e isole (16%).
Nonostante le ICT risultino ancora numericamente oltre i due terzi di quelle fondate nel 2014 (68%, sul campione delle 79 startup finanziate da investitori istituzionali), si conferma il dato di trend positivo relativo alle startup che rientrano nelle “life sciences” (dal 9% del 2013 al 23% dell’anno successivo).
Per quanto riguarda l’entità dei finanziamenti istituzionali stanziati per le start-up, il 2014 restituisce un campione dove gli scaglioni più ridotti di fondi elargiti, cioè tra 0 e 500.000 € e tra 500.000 ed il milione di €, sono insieme l’87% del totale (anche se tra i due intervalli a crescere maggiormente in proporzione sono i finanziamenti di taglio superiore ai 500.000 €, che passano dal 13 al 24%), solamente il 4% ha goduto di investimenti superiori ai 3 milioni di €.

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