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Telelavoro, Radaelli: “La chiave sta nell’equilibrio”

Il presidente di Anitec: motivazione e spirito di squadra devono essere al centro dei progetti

Pubblicato il 05 Gen 2014

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«Le forme di organizzazione alternativa del lavoro vanno gestire con saggezza ed equilibrio: il lavoro in mobilità dà grandi vantaggi, perché permette una gestione flessibile del proprio tempo, ma a patto che non venga perso il rapporto con l’azienda». Questa la tesi di Cristiano Radaelli, presidente di Anitec, l’associazione co-fondatrice di Confindustria digitale da tempo schierata a favore del lavoro “da remoto”. Se è vero che il telelavoro “è un grande strumento per raggiungere un compresso positivo tra qualità della vita e impegno aziendale”, è altrettanto vero, puntualizza il presidente che “se un collaboratore non viene mai in ufficio, rischia di perdere contatto con i valori aziendali e di non sentirsi più, né di essere sentito dai colleghi, come parte della squadra”. La chiave della sua applicazione con successo è dunque “riuscire a sviluppare motivazione e spirito di squadra, utilizzando le tecnologie digitali, senza rinunciare però al necessario rapporto interpersonale diretto”, sottolinea ancora Radaelli.

Per monitorare lo stato di avanzamento dell’adozione del telelavoro e spingerne la diffusione Anitec già da tempo ha messo nero su bianco un articolata proposta. E nel 2011 ha portato avanti un’importante progetto con Regione Lombardia. L’associazione annovera inoltre una serie di case history di successo fra le aziende associate, fra cui diverse multinazionali. I risultati del progetto sono stati a suo tempo presi in esame anche dall’Ispo. Il 41% degli occupati dichiarava diverse attività della propria professione che potrebbero essere svolte tranquillamente da casa o da altro luogo. E per il 70% le aziende che danno la possibilità di svolgere attività in modalità di telelavoro, sono aziende all’avanguardia.

“C’è un grande interesse per il telelavoro come possibilità, ma anche il timore di essere tagliati fuori dall’azienda – evidenzia Renato Mannheimer, presidente di Ispo -. Le imprese e amministrazioni pubbliche che vorranno implementare questa modalità dovranno farlo attraverso un processo gestito, che preveda un cambiamento dei valori e modalità flessibili, che comunque facciano sentire il dipendente parte vitale dell’azienda”.

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