INVESTIMENTI SULLA RETE

Tlc-Ott, Quintarelli: “Accordi? Una forzatura di mercato”

L’esperto di Internet: “La proposta di Etno non passerà: e comunque la vendita di quality of service non salverà gli operatori”

Pubblicato il 17 Lug 2012

Alessandro Longo

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“La proposta di Etno non passerà e comunque la vendita di Quality of service non salverà gli operatori”. Stefano Quintarelli, uno dei massimi esperti di internet in Italia, è noto anche per le sue opinioni fuori dal coro. Dimissionario al Sole24Ore, è stato tra i candidati alla presidenza Agcom di cui si è parlato di più in Rete.

Perché non passerà la proposta Etno all’Itu, la quale vuole spingere verso accordi tra operatori e over the top sulla quality of service?

Perché è una forzatura del mercato. Nell’ordinamento vigente nulla vieta che si facciano accordi secondo cui gli over the top comprino Qos dagli operatori. Ma se il mercato non va in quella direzione significa che il mercato non la vuole. Al mercato non interessa. Le forzature non è che non si possano fare, anche le leggi sull’ambiente lo sono rispetto al mercato, che inquinerebbe volentieri senza scrupoli. Ma in quel caso la legge interviene per un interesse comune, largamente condiviso.

E non è questo il caso?

Potrebbe esserlo, se si scopre che tutti gli stakeholder lo vogliono. Fornitori, clienti, operatori. Se decidono che questa è una direzione socialmente desiderabile, forziamo pure il mercato… Ma non mi sembra che adesso sia questo il caso. Beninteso, è possibile che questi accordi avvengano, ma non accadranno leggi che impongano di negoziarli. Ricordiamo che nel 2005-2006 era nato il consorzio Voipex che tra le altre cose voleva promuovere interconnessioni IP con qualità di servizio. All’epoca, l’allora management di Telecom Italia – che ora è sotto processo – non aderì perché voleva fare la media company. Voleva la Qos solo all’interno della propria rete. Telecom potrebbe partecipare ancora al consorzio e vedere se altri sono interessati a negoziare Qos.

Ma come se ne esce, allora? Gli operatori lamentano che la remunerazione della rete è a rischio e quindi gli investimenti.

Tu hai la certezza che Qos finirebbe in investimenti e non in dividendi? E comunque vendere la Qos non salverà gli operatori. Perché la Qos interessa a pochi e serve per poche applicazioni. Per l’audio non serve, i video hanno già inventato il buffering per risolvere l’assenza di Qos. Non puoi usare questa tecnica per i video in tempo reali interattivi: le videoconferenza. Ecco, puoi vendere la Qos alle aziende per la videoconferenza, tutto qui. Se poi il cinema online in streaming diventerà un fenomeno di massa, il buffering non basterà più e forse servirà Qos presso l’operatore… ma Netflix negli Usa non ne ha bisogno, gli bastano le Cdn. Forse le emittenti nazionali compreranno la Qos dalle telco… In sintesi, propongo un test empirico: ognuno si faccia un’analisi di coscienza: spenderei 10 euro al mese in più per avere la Qos su un’applicazione? O piuttosto preferirei avere più banda di best effort?

Ma allora, torniamo alla domanda, come si remunerano gli investimenti nella rete?

Vendendo il servizio di accesso.

Ma gli operatori dicono che non basta più e gli analisti rilevano un calo costante di questo tipo di ricavi

E perché non basta, perché non riescono a ripagare i debiti che hanno fatto e i dividendi? Che succede se un panettiere non riesce a ripagare i debiti che ha fatto e a mantenere la figlia alla Bocconi? O si mette a vendere qualcos’altro o arriva la catena di panetterie che se lo compra.

Quindi prevedi accorpamenti, che Telecom sarà comprata…

Possono succedere tante cose. Potrebbe vendere pezzi di azienda, essere comprata, licenziare qualche persona, alzare i prezzi o trovare altre cose da vendere con maggiore margine.

E se non la Qos, che secondo te non avrà successo, che cos’altro potrebbero vendere?

A questa domanda non posso rispondere, non posso dire io che cosa deve fare una telco per sopravvivere. Posso solo dire questo: la rete fissa è un monopolio naturale. È solo questione di tempo che si prenda atto di questo e si agisca di conseguenza, cioè facendo la rete assieme con i vari stakeholder. Lo ripeto da anni.

Venendo a te, il tentativo di candidatura Agcom è stato comunque un’esperienza utile?

Sicuramente. E’ la prima volta che le nomine non avvengono in modo bulgaro e c’è stato un minimo di dibattito e un voto su più candidati. È la prima volta che l’opinione pubblica se n’è interessata e che i curriculum sono entrati nel gioco. E lasciamo perdere che non li hanno tenuti in conto, quello è un problema di procedura. Ormai la crepa si è aperta ed è un fatto positivo.

Dopo il Sole24Ore, che stai lasciando, che cosa farai adesso?

Vado in Scozia in vacanza e dopo qualcosa farò. Indubbiamente l’Ict è il settore che amo, se riuscirò a fare qualcosa qui è bene. Altrimenti venderò magliette, che è una delle cose che mi hanno proposto di fare.

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