LA PREVISIONE

Torna a crescere il budget Ict delle imprese italiane

Ricerca Digital Innovation Academy del Politecnico di Milano: business intelligence, big data analytics, digitalizzazione, sistemi gestionali e Erp i principali ambiti di investimento per il 2016. Mariano Corso: “Serve un approccio di open innovation, affiancando alle risorse interne un ecosistema di startup”

Pubblicato il 03 Dic 2015

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Dopo il calo o la stabilità degli ultimi anni, torna a crescere il budget Ict delle imprese italiane, che nelle previsioni 2016 fa segnare un +0,7%, trainato in particolare dalle medio-grandi imprese. Business intelligence-Big data Analytics, digitalizzazione e dematerializzazione, sistemi gestionali e ERP sono i principali ambiti di investimento per il prossimo anno, in cui si conferma cruciale il ricorso all’outsourcing, in crescita dell’1,81%, sostenuto dal volano dei contratti as a Service. L’innovazione digitale viene vissuta come un processo sempre più aperto da parte delle imprese, consapevoli della necessità di nuove fonti di innovazione e di una trasformazione organizzativa che faccia leva su ruoli e competenze spesso non presenti all’interno dei confini aziendali.

Sono alcuni dei risultati della ricerca della Digital Innovation Academy del Politecnico di Milano, che ha coinvolto oltre 230 Cio delle principali imprese italiane, presentata questa mattina al convegnoOpen Digital Innovation: nuovi percorsi per la trasformazione digitale delle imprese italiane” tenutosi presso l’Aula Rogers del Politecnico di Milano.

“La crescita del budget Ict è un segnale importante per il nostro Paese che, nel momento in cui deve sostenere la ripresa economica, sconta un pesante divario nella Digitalizzazione rispetto al resto d’Europa – commenta Mariano Corso, responsabile scientifico della Digital Innovation Academy – Per le imprese italiane, però, seguire i trend della tecnologia digitale oggi non è più sufficiente: l’innovazione è un fattore culturale e imprenditoriale ancor prima che tecnologico. Per restare competitive devono adottare un approccio di ‘open innovation’, cioè ripensare ed aprire i propri processi di innovazione digitale ed affiancare alle risorse interne, al business ed ai fornitori tradizionali, un ecosistema nuovo di startup, clienti guida e persino competitor”.

Il budget ICT – Le previsioni di crescita media del Budget ICT tra le imprese italiane (+0,7%) presenta trend differenti a seconda della dimensione aziendale. La spesa in nuove tecnologie nel 2016 crescerà del +1,88% nelle imprese medio-grandi (tra 250 e 1000 dipendenti) e del +1,16% nelle medie imprese (tra 50 e 250 dipendenti), mentre è stabile nelle grandi imprese (tra 1000 e 10000 dipendenti) con +0,14% e si presenta ancora in lieve calo (-0,78%) nelle grandissime imprese (oltre 10.000 dipendenti).

L’ICT oggi rappresenta in media il 2,1% del fatturato atteso dalle imprese. Emergono però ampie differenze a seconda del settore: nel finance l’ICT rappresenta il 4% del fatturato, mentre nelle utility solo l’1,3%.

L’outsourcing – L’esternazionalizzazione dei servizi ICT si conferma cruciale per le imprese italiane. Nel 2016 si prevede una crescita dell’1,81% del budget dedicato all’acquisto di servizi ICT in outsourcing. L’esternalizzazione è in aumento in particolare nelle grandi imprese (+3,66%), seguono le medie imprese (+2,43%), e le medio-grandi con +2,22%, mentre si contrae nelle grandissime imprese, con dipendenti sopra 10.000 unità (-2,51%).

Attualmente, il 41% delle spesa in servizi ICT in outsourcing è destinata a contratti chiavi in mano, il 33% in contratti time & material e il 26% a contratti as a service. Ma nel 2016 si prevede soprattutto una crescita dei contratti as a service (+38%).

Le priorità di investimento – L’ambito ICT che costituisce la priorità di investimento nel 2016 per il 44% dei CIO Italiani è quello della Business Intelligence-Big Data Analytics (prima per le grandi e grandissime imprese), seguito dalla digitalizzazione e dematerializzazione al 40% (prima per le medie imprese con il 50% delle preferenze) e dai sistemi gestionali e ERP (34%). Vengono poi i sistemi CRM (27%), il consolidamento applicativo (24%), il mobile business (19%), lo sviluppo e rinnovamento dei Data center (16%).

Organizzazione e competenze – La principale sfida organizzativa del 2016 per la trasformazione digitale delle imprese è costituita, come nel 2014, dalla “gestione dell’innovazione digitale”, indicata dal 52% dei CIO, seguita dall’Enterprise Architecture (28%) che sale di molto tra le priorità rispetto al 2014, dal Demand Management (27%), dal Security Management (25%), dal Cloud Computing (22%) e Big Data Analytics Management (22%).

La trasformazione digitale impegna le aziende italiane anche nella ricerca di nuove professionalità e competenze in grado di interpretare al meglio le nuove opportunità. Tra i nuovi ruoli inseriti in azienda, il più diffuso è quello del Chief Security Officer, già presente nel 55% delle aziende, poi il CRM & Profiling Manager (41%), il Social Media Manager (40%), il Digital Media Specialist (39%) e il Digital Marketing Manager (39%). In minor misura, vengono poi eCommerce Manager, Chief Digital Officer, Chief Innovation Officer, Digital Strategist, Data Scientist e Digital Workspace Manager. Il ruolo più difficile da reperire però è il Chief Digital Officer, introvabile per il 44% delle imprese italiane, seguito dal Chief Innovation Officer (32%), dal Data Scientist (32%) e dal Digital Strategist (24%).

Meccanismi di innovazione – Cresce di conseguenza la necessità di sperimentare modelli organizzativi per la gestione dell’innovazione e in questo caso le differenze per dimensione pesano con più forza. Nei prossimi 6 mesi il principale meccanismo per lo sviluppo di innovazione digitale in azienda sarà l’introduzione di team di progetto dedicato, scelto dal 39% delle imprese. Nel 35% delle imprese, invece, sono previsti ruoli dedicati nelle Divisioni ICT. Seguono i meccanismi interfunzionali (24%), i tavoli congiunti con enti esterni (21%) e i comitati interni (16%). Nel 37% dei casi però le attività non saranno strutturate e ci si affiderà ancora ad una gestione occasionale in base alle singole richieste: solo per il 10% per le grandissime imprese contro il 57% per le medie imprese.

“Sebbene con ritardo rispetto alle necessità, ci stiamo avvicinando alla Open Digital Innovation auspicata – commenta Alessandra Luksch, Direttore della Digital Innovation Academy -. i segnali di volontà non mancano. Lo scorso anno il tavolo di lavoro di 15 aziende che hanno intrapreso con il Politecnico un percorso di contaminazione con le startup hi tech, denominato Startup Intelligence, ha visto nascere la collaborazione tra aziende e startup in almeno la metà delle aziende e tutte hanno riscontrato una crescita nella comprensione degli scenari evolutivi dell’innovazione”.

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