TRIPWIRE. L’intelligenza artificiale dei giudici

Pubblicato il 08 Lug 2010

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Monsieur, “rivista dell’uomo extra vagante”, sorprende con
“La fine dei giudici” di Gabriele Rossi, esperto
d’intelligenza artificiale, che annuncia: prolungamento della
vita, nuove regole di convivenza e “fine alla discrezionalità
dell’attuale sistema giuridico”, a condizione che la Legge,
individuati i principi, li gerarchizzi. Questo obiettivo è
conseguibile con la conoscenza della “matematica della mente”,
traguardo a portata di mano entro il 2020. Rossi ci promette nei
prossimi mesi ulteriori ragguagli. La cosa ci intriga e lo terremo
d’occhio.

Nel frattempo due considerazioni. Le nanotecnologie e
l’evoluzione del Gps sono vocate a gerarchizzare senza limiti
geografici accesso/esclusione in funzione della gerarchia sociale.
La Ztl in centro città e le sue multe salatissime sono un preludio
minimale del prossimo scenario globale. Da qui ad automatizzare
punizione/premio sociale come accesso/esclusione, il passo sarà
breve. Il carcere sarà costituito da barriere invalicabili senza
il consenso del chip. Questo tuttavia non è “giurisdizione”
bensì la “pena”. La giurisdizione automatica esige un giudice
artificiale perfetto, per rendere superflui gli ondivaghi giudici
umani, dice Rossi. Un giudice perfetto è intelligente mentre il
suo opposto è stupido?

Geni come Einstein o Leonardo Da Vinci non hanno mai commesso
stupidità? Ci pare appropriato richiamare l’Autore allo studio,
d’un modello attendibile di “stupidità artificiale”. La
stupidità onnipresente, non meno dell’intelligenza, è ardua da
riprodurre. La stupidità prova l’esistenza di Dio, affermava
Napoleone, che stupido non era.

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