Il Tar del Lazio ha bocciato i ricorsi presentati da Telecom Italia e Fastweb con l’obiettivo di annullare – seppur per ragioni contrapposte – la delibera Agcom 747/13 sui prezzi di unbundling per l’anno 2013. E’ quanto si evince dalla sentenza del Tribunale amministrativo depositata in data odierna e che CorCom ha potuto visionare.
In dettaglio, Telecom Italia aveva deciso di fare ricorso lamentando tariffe troppo al ribasso rispetto alla linea dettata dalla Raccomandazione Ue, quantificando il “danno” in circa 110 milioni di euro. Secondo Telecom l’Agcom avrebbe sottostimato i parametri di calcolo del Wacc ossia del costo del capitale, utilizzati per calcolare il prezzo finale. E secondo Telecom non sarebbe inoltre stato garantito “un ragionevole margine di profitto sul capitale investito”.
Nel mirino, da parte della società capitanata da Marco Patuano e Giuseppe Recchi anche la questione dell’apertura dei cabinet: TI ha contestato le previsioni in base alle quali deve realizzare “previo impegno degli operatori richiedenti a remunerare i costi sostenuti” oppure adattare l’armadio per ospitare un Olo richiedente in piùo ancora “annunciare sul portale wholesale l’intenzione di creare nuove infrastrutture di accesso o soprarialzi tre mesi prima”. Per la compagnia si tratta di revisioni non giustificate né proporzionate alle attuali condizioni di mercato dato che accollano a Telecom l’obbligo di stimolare lo sviluppo delle reti altrui.
Fastweb invece, pur condividendo i principi alla base della delibera Agcom, ha lamentato una sovrastima del costo Wacc ed errori di calcolo di costi di rete, di manutenzione correttiva, commerciali e di personale. Fastweb ha puntato il dito l’indice contro l’apertura dei cabinet, nelle aree in cui ha già investito, che “azzera il vantaggio competitivo legittimamente acquisito all’esito dell’investimento da parte di Fastweb senza che ve ne siano i presupposti”. Secondo la controllata di Swisscom l’investimento esistente vanificherebbe la necessità di intervento.
Insomma se per Telecom Italia la quantificazione del Wacc avrebbe determinato una pesante sottostima dei prezzi necessari alla gestione dell’infrastruttura rischiando di rendere non profittevoli gli investimenti, specularmente Fastweb argomenta l’illeggittimità della stessa delibera al contrario, ossia per l’eccessiva e quindi errata quantificazione del Wacc che in estrema sintesi non terrebbe conto della necessità di considerare solo i costi propri di una gestione di impresa efficiente riferita ad una situazione di libero mercato.
Nella vicenda erano entrate anche Wind e Vodafone che hanno eccepito l’inammisibilità del ricorso e la sua infondatezza. E da parte sua l’Aiip è scesa in campo a difesa delle imprese abilitate alla fornitura al pubblico di servizi di comunicazione elettroniche
Il Tar del Lazio ha rimandato dunque le obiezioni di Telecom e Fastweb. “La delibera n. 238/13/CONS, adottata nell’aprile 2013 – si legge nella sentenza – ha proposto per il WACC il più elevato valore di 10,40% rispetto al valore di 9,36% della impugnata delibera n. 747/13/Cons. ma l’Autorità ha dato ampiamente conto dei motivi della differenza, dipendente dalla diversa metodologia di calcolo utilizzata per determinare il valore di uno dei suoi componenti (ERP- Equity Risk Premium) in ragione della diversa finalità degli atti, in quanto nella delibera n. 747/13, non dovendosi individuare un valore prospettico per un intero triennio, il valore dell’ERP per il 2013 è stato calcolato sulla base delle serie storiche, aggiornate al 2012, dei rendimenti delle azioni, ed è risultato pari a 3,2%, da cui il valore del WACC 2013 più basso. Deve pertanto concludersi che la delibera in esame, quanto al profilo appena considerato, non manifesta particolari contraddittorietà”.
Infondate, secondo il Tar, anche le obiezioni (in questo caso coincidenti per Telecom e Fastweb) in merito alla nuova disciplina dell’obbligo di consentire l’accesso al cabinet e dell’obbligo di condivisione del cabinet “atteso che la pur non perspicua e forse perfettibile nuova disciplina – puntualizza il Tribunale – prevede, in realtà, un ventaglio di ipotesi alternative (in estrema sintesi, sopraelevazione del cabinet, realizzazione del cabinet in aderenza da parte di Telecom ovvero autonoma realizzazione da parte degli altri operatori del nuovo cabinet da interconnettere a quello Telecom) tutte soggette a previa verifica tecnica caso per caso e, comunque, tutte cospiranti alla finalità di favorire l’accesso dei nuovi operatori (Olo) ed, anche per tale via, l’infrastrutturazione e l’ammodernamento della rete”.