Valadè: “Le telco puntino sui contenuti se vogliono battere gli Ott”

“Si possono conoscere abitudini e gusti dei singoli consumatori e mettere a punto campagne sempre più mirate”, dice il Telecom Practice manager di Nielsen Italia. “Gli operatori investano con determinazione”

Pubblicato il 11 Mag 2014

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I consumatori italiani sono pronti per la pubblicità mobile, molto più di quanto lo siano le aziende a investire nei suoi nuovi strumenti. A dirlo è Andrea Valadè, Telecom Practice manager di Nielsen Italia.

Vuol dire che i consumatori sono più avanti dell’industria?

Esattamente, hanno gli strumenti tecnologici per ricevere le mobile ads, visto che l’adozione di smartphone e tablet e l’utilizzo dei dati su questi device crescono a doppia cifra. Le attività con connessione Internet offrono enormi possibilità di interazione.

Forse le aziende temono che la pubblicità mobile non sia efficace?

Sbagliano. Il mobile adv permette un’immediata call to action: Nielsen rileva che il 44% delle persone che vede una mobile ad fa un’azione conseguente, come invio di sms o e-mail. In alcuni casi la pubblicità su smartphone può apparire come più invasiva rispetto al pc ma questo fa solo sì che il consumatore diventi più esigente, vuole cioè un contenuto nel giusto contesto. Secondo Nielsen, il 20% delle persone gradisce il messaggio che riceve se è attinente ai propri interessi e impatta positivamente sul contenuto che fruisce, ad esempio se permette di accedere ad app gratuite.

Le aziende devono perciò avere più fiducia nelle opportunità del mobile per l’advertising?

Decisamente: oggi il consumatore italiano è attivo 109 minuti al giorno sul proprio smartphone, ovvero chiama, manda sms, naviga, manda e-mail. Le attività sono diverse e offrono diverse opportunità di interazione con l’utente. E va notato che di questi 109 minuti, in media se ne passano solo 4 mandando sms, 13 parlando, 13 giocando e 26 sui social network. Ciò offre grandi opportunità di contatto e marketing per le aziende.

Ci sono poi gli strumenti evoluti che il mobile permette: targeting, location, app.

Le app cambiano il concetto di targeting, perché creano un mondo che l’utente si è scelto da solo e al quale ritorna regolarmente. Studiando quali app l’utente mobile usa si possono conoscere le sue abitudini e gusti, con un targeting di nuovo tipo che non implica necessariamente la costruzione di un tradizionale profilo socio-demografico, salvaguardando quindi la privacy. Gli strumenti di location sono molto evoluti ed efficaci ma qui sono le aziende ad essere più pronte dei consumatori: proximity marketing, couponing e positioning interessano molto sul lato business ma non sempre permettono di raggiungere una massa critica, perché necessitano di una relazione preesistente con il consumatore.

E il video, che ruolo ha?

È un’altra delle novità per il mobile adv ma anche questa non sfruttata quanto potrebbe per questioni legate alla qualità dell’esperienza finale.

Insomma le telco dovrebbero investire di più. Facendo di nuovo un favore agli Ott che dominano nel mobile advertising.

Telco e Ott fanno un lavoro diverso: le telco sono abilitatori e gli Ott forniscono contenuti. Se le telco vogliono giocarsela ad armi pari in questo campo con gli Ott devono puntare sui contenuti con molta più determinazione.

La normativa sulla privacy potrebbe essere un ostacolo?

La privacy non deve essere un limite per il mobile adv, perché la profilazione non si fa solo in modo tradizionale ma anche in base ai comportamenti. Poi, col consenso dell’utente, si può ottenere di profilarlo in modo più spinto: è disposto ad accettarlo, purché ottenga qualcosa in cambio: contenuti, buoni sconto, servizi.

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