Prendete la logica della conversazione basata sui post introdotta da Facebook, introducete la possibilità di esplorare temi e argomenti fornita dai tag di Twitter e aggiungete la competenza e l’autorevolezza collegate ai profili professionali di Linkedin. Fatto? Ecco a voi Yammer. Per lo meno, è così che lo definisce Microsoft. Yammer è lo strumento di social enterprise che il gigante di Redmond sta provando a introdurre all’interno del mondo business. Attualmente a livello globale sono circa otto milioni i professionisti che usano l’applicazione – in Italia sarebbero alcune migliaia – facendo registrare (dal 2012, quando Microsoft acquisì la piattaforma con un investimento da 1,2 miliardi di dollari) una crescita annua del 55% degli utenti, di oltre il 200% dei network a pagamento e di circa il 100% dell’attività user attraverso messaggi, gruppi e altre funzionalità.
Il sistema, gestibile come una intranet che accoglie discussioni attivabili a piacimento dagli iscritti e che permette gli utenti di caricare link, foto, documenti e video integrandoli da altre applicazioni aziendali, ha lo scopo di semplificare la condivisione di idee e la ricerca di informazioni all’interno dell’organigramma, coinvolgendo colleghi o gruppi di lavoro per tema e per competenza.
Lo scoglio per la sua adozione non è senz’altro il costo, visto che la versione base è gratuita, mentre quella premium è disponibile a un prezzo di 4,30 euro al mese per utenza (10 euro con il pacchetto Office 365): il problema è riuscire a superare le barriere culturali che nelle imprese di grandi come di piccole dimensioni limitano la diffusione dei social media come strumenti di routine per l’ottimizzazione del lavoro. O anche semplicemente come canali di ascolto del mercato: una delle applicazioni più interessanti di Yammer, infatti, consiste nella possibilità di includere in alcune conversazioni utenti anche esterni all’impresa. E questo apre nuove frontiere nella predisposizione di focus group e ricerche di tipo qualitativo nei confronti di clienti attuali e potenziali.
Naturalmente in quest’ottica il tema della sicurezza diventa fondamentale, considerando che nelle varie conversazioni interne possono essere citati pure dati e informazioni confidenziali. Ed è proprio qui che Yammer fa la differenza rispetto a uno strumento mainstream come Facebook: la sicurezza è garantita dai servizi Cloud di Microsoft, mentre tutte le informazioni caricate sul network, a differenza di quanto accade per la creatura di Zuckerberg, rimangono di proprietà di chi le ha pubblicate. Senza contare che il layout di Yammer è personalizzabile con il look aziendale.
“In un mercato in costante evoluzione la condivisione della conoscenza è una leva strategica per assicurarsi un vantaggio competitivo e gli strumenti social possono fare la differenza abilitando una collaborazione senza precedenti e valorizzando il contributo dei singoli”, ha dichiarato Vieri Chiti, direttore della divisione Office di Microsoft Italia. “Anche per via della sempre maggiore integrazione tra i sistemi aziendali e i dispositivi digitali personali, l’84% dei lavoratori italiani dice di apprezzare le nuove tecnologie che possono favorire la produttività e sono propensi a cambiare il proprio modo di lavorare al passo con i tempi, facendosi spesso promotori di una cultura dell’innovazione che può generare importanti benefici di business”. Chiti ha spiegato al Corriere delle Comunicazioni che Yammer prevede anche un meccanismo di premiazione degli utenti che si distinguono nelle conversazioni fornendo idee o risposte utili alla community (come in Yahoo! Answers, per intenderci), aggiornando il loro profilo professionale all’interno del network sulla base di questo specifico merito.
“L’affermarsi della social enterprise implica una sfida culturale e l’adozione di strumenti social deve collocarsi in una più ampia strategia che coinvolga tutti i processi aziendali”, ha aggiunto il manager di Microsoft, dove Yammer è già stato introdotto non senza qualche iniziale resistenza da parte dei collaboratori meno propensi alle novità. “Nella nostra visione il social deve permeare le attività quotidiane e le applicazioni che i dipendenti utilizzano costantemente”.