La vendita del 100% di PagoPa al Tesoro Poligrafico e a Poste Italiane potrebbe essere alle battute finali. Secondo indiscrezioni di mercato rilanciate dal Corriere della Sera, la piattaforma digitale utilizzata per i pagamenti verso la pubblica amministrazione e controllata dal Mef dovrebbe essere infatti ripartita tra le due aziende, con il 49% del capitale sociale a Poste e il 51% al Poligrafico. L’operazione, attesa per inizio ottobre, valorizzerebbe la società intorno ai 500 milioni di euro.
I due nuovi azionisti riuscirebbero così a ottenere il controllo di una piattaforma che consentirebbe soprattutto a Poste una maggiore efficienza negli adempimenti digitali per il cliente finale.
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Intermonte: un deal accolto positivamente
Commentando l’indiscrezione, gli analisti di Intermonte sottolineano che il decreto Pnrr approvato a marzo 2024 prevedeva la possibile cessione degli asset di PagoPa ai due soggetti. “Attualmente PagoPa è utilizzata per diversi pagamenti da numerosi operatori, tra cui Poste; inizialmente diverse banche avevano manifestato dubbi sull’operazione, che avevano temporaneamente ritardato un possibile deal, anche considerando che l’Antitrust aveva sollevato perplessità sul fatto che la privatizzazione non prevedesse una gara aperta anche alle altre banche che attualmente usano il sistema di pagamento”, nota la banca di investimento.
La risposta del governo fu un emendamento al decreto Pnrr che impose limiti chiari a Poste Italiane in tema di governance e modifiche delle condizioni competitive. “Riteniamo PagoPa una piattaforma attraente e di valore. Anche se la valorizzazione pari a 500 milioni di euro ci sembra elevata, per Poste non prevediamo che questo deal possa compromettere la futura politica sui dividendi”. Lo scorso anno, ricorda Intermonte, l’amministratore delegato di Poste Matteo Del Fante affermò che, nonostante Poste fosse pronta ad acquisire il 49% di PagoPa, i numeri sottostanti all’operazione avrebbero avuto un impatto limitato sugli obiettivi del Gruppo. “Accogliamo positivamente questo deal per Poste, anche considerando che PagoPa resterebbe una piattaforma aperta e potrebbe sostituire la gestione dell’invio di documenti ufficiali alle persone, attualmente svolta da Poste”.
Le performance di PagoPa nel 2024
Ma qual è lo stato di salute del gruppo? Nel 2024 PagoPa ha registrato ricavi in crescita del 51,7% a 117,8 milioni di euro. Gli utili sono aumentati del 22,3% a 9 milioni con un margine operativo lordo salito a 17.5 milioni da 15.9 milioni. In base ai tre esercizi e agli obiettivi fissati dal Testo unico sulle partecipate il valore della produzione 2024 è stato fissato a 125,8 milioni.
Sempre nel 2024, il controvalore delle transazioni (oltre 422 milioni, +9,2% rispetto al 2023) effettuate tramite la piattaforma è stato pari a 93.5 miliardi di euro. Gli enti creditori attivi sono stati 20.554 mentre i comuni aderenti hanno raggiunto quota a 7.885.
Gli ostacoli (superati?) all’operazione
La cessione di Pago Pa — guidata dall’amministratore unico Alessandro Moricca — era come detto prevista dal decreto legge sul Pnrr, in vigore dal 2 marzo 2024 e ne teneva conto anche la relazione di bilancio della stessa partecipata. Sull’operazione però erano intervenuti i rilievi dell’Antitrust e dell’associazione delle banche italiane, a cui si sono aggiunte anche le obiezioni di Poste e Zecca, che hanno messo in discussione il prezzo di 500 milioni di euro determinato da un consulente del Tesoro.
PagoPa svolgerà un ruolo di primo piano negli sforzi del governo italiano per istituire un portafoglio digitale attraverso l’app mobile IO, e la prospettiva che Poste potesse entrare in questa partita ha allarmato soprattutto il settore bancario, già impegnato a fronteggiare la concorrenza agguerrita dei big dei pagamenti digitali internazionali, a partire da Apple e Google.
Ma anche Poste aveva le sue remore: parte del suo business esistente potrebbe infatti essere intaccato da Send di PagoPA, una piattaforma digitale per l’invio e la ricezione di comunicazioni legali da parte delle pubbliche amministrazioni.
L’attuale possibile assetto sembra in qualche modo ricalcare le intenzioni iniziali del governo, che aveva chiesto alla società di consulenza Kpmg di delineare un perimetro di valutazione rispetto alla possibilità che Poste potesse diventare azionista di minoranza di PagoPA (49%), lasciando il controllo (51%) a un ente statale, per l’appunto l’Istituto poligrafico e Zecca dello Stato.