SCENARI

Industria 4.0, il cognitive computing asset strategico

Il mercato è sempre più consumer-driven: le imprese obbligate a stare al passo con gusti e preferenze dei consumatori. Ecco come le tecnologie per il monitoraggio e l’analisi dei dati possono aiutare le aziende a guadagnare competitività ed efficienza interna

Pubblicato il 25 Mag 2017

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Interpretare meglio, se non anticipare, l’evoluzione digitale dei consumatori. Orientare le scelte strategiche verso modelli più efficienti che evitano gli errori del passato. E custodire un tesoro di informazioni essenziali per qualsiasi anello delle catena produttiva, dalla ricerca sul prodotto alla vendita sul mercato finale.

La lista dei benefici che promettono di garantire le tecnologie di cognitive computing, quelle cioè che immagazzinano e analizzano enormi quantità di dati restituendo sintesi intuitive e navigabili, potrebbe proseguire oltre questo trio sintetico. Ma questa riduzione al numero perfetto appare sufficiente a capire perché nell’era dell’economia digitale e dei nuovo paradigma del business 4.0 la corsa alle nuove frontiere dell’intelligenza artificiale si stia facendo sempre più affollata. Del resto l’avvento del mobile, il boom dei video e altri trend hi-tech hanno sconvolto le abitudini quotidiani dei consumatori, sempre più connessi e attivi in Rete su diversi fronti, dall’intrattenimento agli acquisti online. Così avere a disposizioni sistemi informatici in grado di monitorare la loro attività su uno store, sui social network e su altre piattaforme digitali diventa determinante per non fallire l’incontro con le esigenze di mercato. Si tratta di soluzioni che sfruttando i big data, mettendo nelle mani di chi deve prendere le decisioni una visione organica del panorama digitale in cui si muovono i clienti. Ciò significa avere maggiori possibilità di centrare il bersaglio.

Ma non si tratta solo di migliorare il rapporto con l’utente finale, perché l’utilizzo di tecnologie cognitive può aiutare anche le aziende al loro interno. Non è infatti obbligatorio far elaborare a simili sistemi solo i dati dei clienti. Al suo interno possono finire anche i big data generati dall’impresa nella sua quotidianità. E quindi i decision maker si trovano un’arma da sfruttare anche per rendere più efficiente l’organizzazione, migliorare la produttività e ridurre i costi. Benefici che si inseriscono alla perfezione nei processi di trasformazione digitale orientati verso modelli di industria 4.0.

L’attenzione del mercato verso questo tipo di tecnologie big data è testimoniata anche dai numeri sugli investimenti previsti per i prossimi anni. Alla fine del 2018, prevede Idc, si conterà un 75% di aziende e sviluppatori che avrà implementato alcune funzioni di cognitive all’interno di almeno un’applicazione aziendale. Entro l’anno successo il 40% dei progetti di digital transformation sarà supportato da queste tecnologie. Più in generale, l’ultimo report firmato da Tractica stima ricavi da intelligenza artificiale in ascesa dai 643 milioni di dollari dello scorso anno ai 36,8 miliardi del 2025. Una miniera d’oro che sarà costituita quasi interamente interamente dalle applicazioni enterprise che genereranno ricavi per 31 miliardi nel corso del 2025. Un altro dato interessante riguarda la raccolta fondi delle startup che sviluppano soluzioni AI. Fra il 2014 e il 2016, secondo i calcoli di Statista, hanno raccolto hanno raccolto poco più di 2,5 miliardi. Segno di un mercato in grande fermento attorno ai temi del cognitive computing, del machine learning e delle altre tecnologie di intelligenza artificiale pronte a dominare il comparto hi-tech nel prossimo decennio.

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