L'ANALISI

Assenteismo e falsi invalidi, la chiave è lo smart working

Riformare il lavoro significa anche generare efficienza operativa per erogare servizi evoluti ai cittadini. L’introduzione del lavoro “agile” genera economie di scala fra il 20% e il 30% dei costi

Pubblicato il 01 Set 2017

Guelfo Tagliavini, Consigliere nazionale Federmanager

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Lo dicevo qualche anno fa parlando con il capogabinetto della ministra Madia dott.Polverari e l’ho più volte ripetuto nel corso di convegni, incontri, articoli molti dei quali apparsi sulle colonne di CorCom e infine ribadito, con forza,nel mio libro ”Il romanzo del telelavoro” edito da Federmanager. Non che non si debba, con tenacia, tentare di eliminare questo vizio italico causa, non l’unica, dell’inefficienza della PA che determina costi impropri e disservizi che si ripercuotono sulla pelle dei cittadini utenti ma insieme alla sana iniziativa di controllo sullo stato di salute dei nostri servitori dello Stato sarebbe utile, direi doveroso, avviare una seria politica di incentivazione sull’utilizzo di modalità di lavoro innovative in linea con i più avanzati sistemi di gestione in vigore in molti altri Paesi dell’Unione europea.

Non mi stancherò di ricordare, non solo alla platea degli oltre tre milioni di dipendenti pubblici ma anche agli oltre undici milioni di lavoratori privati che l’introduzione di soluzioni di ”smart working” determina economie di scala valutabili tra il 20 e il 30% dei costi della manodopera tra minori costi di gestione dei processi lavorativi e innalzamento dei livelli di produttività che dette modalità determinano. In questo contesto si inquadrano tutte una serie di economie che definiamo di tipo sociale riguardanti una drastica riduzione delle giornate di malattia spesso causate, non sempre, dallo stress che il lavoratore subisce per effetto dei quotidiani spostamenti casa/ufficio/casa in condizioni, sopratutto nei grandi agglomerati urbani, non sempre adeguate. In molti casi queste condizioni di disagio originano delle vere e proprie patologie che si traducono in forme di invalidità AOI.

Se prevenire è meglio che curare allora, pur plaudendo alle iniziative di controllo messe in atto dalla riforma Madia attraverso il braccio armato dell’Inps, forse sarebbe opportuno mettere seriamente in moto una riforma del lavoro che consenta a chi è già occupato di prendere una ”boccata d’ossigeno”, a tutto vantaggio dell’efficienza nell’erogazione dei servizi verso il cittadino e per chi entrerà nel mondo del lavoro, di trovarsi di fronte a modalità innovative conformi a qui criteri di digitalizzazione che le nuove generazioni applicano ormai da tempo.

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