Asta Lte, emittenti locali: asset a rischio svalutazione

Si gioca in queste ore il top della partita che dovrà condurre alla gara da 2,4 miliardi. Ma molte tv non cedono di fronte all’offerta di 240 milioni per lasciare campo libero: il valore dello spettro risulterebbe diminuito di sei volte in pochi anni

Pubblicato il 22 Mar 2011

Saranno centrali i prossimi giorni per l’esito della partita che
vede da un lato l’esigenza per il governo di schiacciare il
pedale dell’acceleratore sull’asta Lte e, dall’altro, le
emittenti locali. Più che mai determinate a non lasciarsi sfuggire
dalle mani il proprio asset strategico, le frequenze, su cui hanno
puntato immaginando business sostanziosi.

Business che però rischiano di sfumare, o almeno di
ridimensionarsi notevolmente, di fronte a una delle soluzioni
immaginate dal governo: l’offerta di 240 milioni (il 10%
dell'incasso dell'asta Lte) per lasciare campo libero. In
questo caso, le emittenti rischiano infatti di vedersi pagato lo
spettro a meno di 50 centesimi a persona, cifra notevolmente
inferiore rispetto a quelle che il mercato ha pagato qualche anno
fa, quando lo spettro ha toccato anche quota due, perfino tre euro.
Considerando infatti che ogni canale a copertura nazionale copre
circa 60 milioni di cittadini, e che dunque complessivamente il
“pacchetto” dei canali (nove: dal 61 al 69) che verranno messi
all’asta coprirebbe 540 milioni di persone, l’attuale valore
dello spettro risulterebbe diminuito di sei volte in pochi anni.

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