Audiovisivo, la difficile corsa verso il mercato unico europeo

A meno di sei mesi dal recepimento della direttiva Sma (Servizi di media audiovisivi) i player italiani chiedono apertura al product placement

Pubblicato il 09 Set 2009

“Le tecnologie si evolvono, la normativa cambia ma, a meno di sei
mesi dal recepimento della nuova direttiva europea ‘Servizi di
media audiovisivi’, sono ancora molti i problemi aperti”,
scrive Francesca D’Angelo su Tivù. “A sollevarli, nel
tentativo di sensibilizzare (ancora una volta) i politici italiani,
sono gli stessi player”. “Meno vincoli, più flessibilità in
materia di advertising, apertura al product placement, centralità
dei contenuti e maggiore tutela per i produttori”: queste le
richieste avanzate da network, imprenditori e associazioni del
nostro Paese. Al centro, la nuova direttiva Servizi di media
audiovisivi: “Infatti, con il mutare dello scenario tecnologico e
di mercato, la Commissione europea ha giudicato opportuno rivedere
il quadro normativo per i servizi audiovisivi, sostituendo ‘Tv
senza frontiere’ con la nuova direttiva Sma”.

Molti i cambiamenti disposti sulla carta. Innanzitutto, vige il
principio di neutralità tecnologica: i media non vengono distinti
per il supporto, ma per il contenuto. Sono divisi in “lineari”
(servizi ritenuti passivi) e “non lineari”, ovvero on demand. I
broadcaster devono riservare ai prodotti europei una “majority
proportion”: il 10% della loro programmazione o, in alternativa,
del loro budget. Nella pubblicità è abolito il limite giornaliero
del 20%; al suo posto, il limite orario del 20% (12 minuti) per
spot pubblicitari e televendite, mentre per il product placement si
conferma la proibizione di principio. Perplessi i player anche
“su come costituire un mercato unico europeo”, scrive la
D’Angelo. La nuova direttiva va tuttavia recepita per la fine di
dicembre 2009; per agevolare il processo, il ministero dello
Sviluppo economico ha istituito un Osservatorio ad hoc.

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