Equo compenso, Polillo: “Giusta retribuzione per il copyright”

Il presidente di Confindustria Cultura difende il decreto Franceschini: “Non è una tassa sull’innovazione”. E sottolinea: “Il provvedimento ci mette in linea con il resto d’Europa”

Pubblicato il 26 Giu 2014

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Confindustria Cultura Italia difende il decreto del Governo che ha adeguato, dopo quasi due anni dalla scadenza, i compensi per le riproduzioni ad uso personale di musica e film su device come smartphone e tablet. Marco Polillo, presidente della Federazione italiana dell’industria culturale aderente a Confindustria, che riunisce 17mila imprese che producono contenuti e che sono in prima linea nell’innovazione digitale, torna a prendere posizione sul tema: “E’ una falsa rappresentazione quella che vede l’equo compenso come una tassa sull’innovazione e nemica dei giovani consumatori di tecnologie digitali. L’adeguamento del compenso, peraltro a standard meno elevati di Paesi leader nella produzione di contenuti come Francia e Germania, è un processo in atto in molti Stati membri. Prima dell’Italia – spiega – hanno adattato il compenso a smartphone e tablet, oltre ai già citati Francia e Germania, anche Austria, Olanda, Belgio e Svezia”.

Quest’ultimo caso risulta interessante perché una delle critiche mosse al provvedimento siglato dal ministro Franceschini sarebbe quella di non aver tenuto conto dell’evoluzione tecnologica che favorirebbe un consumo prevalente in streaming: “La Svezia, mercato leader nello streaming musicale, con il 70% del mercato che genera ricavi da questo segmento (Ifpi 2013), – prosegue – lo scorso anno ha approvato una revisione della norma che include smartphone e tablet nel compenso per copia privata. Nella stessa Francia i consumatori che utilizzano lo streaming sono il 36% (Ipsos) e nel 2013 anche qui sono state elevate le tariffe su smartphone e tablet, molto al di sopra della media italiana. Insomma non è vero. Come non è vero il fatto che questo compenso frenerebbe lo sviluppo digitale in Italia: è smentito dai dati sul mercato dei device di altri Paesi dove già si può misurarne l’impatto”.

In Francia, per esempio, nel 2012 la penetrazione degli smartphone era sotto il 30% e dopo l’approvazione al rialzo del compenso, nel 2013 è salita al 53% (Comscore); in Olanda è passata dal 35% al 44% (eMarketer) e in Svezia il forecast per il 2014 prevede di arrivare al 56%. “E’ evidente – sottolinea Polillo – che l’applicazione del compenso non ha alcun effetto depressivo del mercato e in ogni caso tutti i device sono ampiamente utilizzati per archiviare contenuti protetti da copyright. Ad un costo irrisorio rispetto ad uno smartphone di fatto un consumatore ha una possibilità illimitata di riprodurre contenuti, ad esempio musicali, da una fonte legittima”.

Confindustria Cultura Italia nega anche che il “compenso possa andare a rimpinguare il bilancio della Siae. La società ha solo un mandato per legge di incassare tale compenso ma l’intera somma viene poi ripartita agli aventi diritto, ovvero autori, editori, artisti e imprese del settore, direttamente o tramite altre collecting”.

“Confermiamo il nostro appoggio – conclude Polillo – alla misura introdotta dal Governo, che riconosce l’impianto di un sistema di remunerazione che fino ad oggi, come stabilito da ripetute decisioni della Corte di Giustizia Ue, è il migliore possibile”.

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