Il Pd attacca Romani: lobby sulla Ue in logica anti-Sky

Firmata dai senatori Vita e Zanda un’interrogazione ai ministri dello Sviluppo economico e degli Esteri: il governo chiarisca se non si stia determinando “un palese caso di conflitto d’interessi a favore dell’azienda del presidente del Consiglio”

Pubblicato il 15 Apr 2010

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Nel resto d’Europa, come conferma l'ultimo caso della
Germania, si mettono all'asta le frequenze per la tv digitale,
ma “in Italia il governo si adopera con pressioni sulle
istituzioni europee per mantenere il rigido predominio di
Mediaset”: è la denuncia fatta dai senatori del Pd Vincenzo
Vita, della commissione di Vigilanza, e Luigi Zanda, vicepresidente
del gruppo, con un'interrogazione ai ministri dello Sviluppo
economico e degli Esteri nella quale parlano delle pressioni del
viceministro Romani e dell'ambasciatore italiano a Bruxelles su
Joaquin Almunia.

“Nelle ultime settimane – sostengono Zanda e Vita – è emersa la
probabilità che la Commissione Ue opti per una abbreviazione dei
termini degli impegni presi da Sky a suo tempo di non operare sulle
frequenze terrestri prima del primo gennaio 2012. Una decisione
comporterebbe la partecipazione di Sky alla prossima gara per
l'assegnazione delle frequenze digitali e il suo eventuale
conseguente accesso al digitale terrestre divenendo principale
concorrente del duopolio Rai-Mediaset”.

“Non è un mistero – aggiungono i due senatori Pd – che il ruolo
svolto da Sky in Italia sia sempre stato oggetto di forte
preoccupazione da parte dell'operatore Mediaset, destando in
questa circostanza soprattutto la contrarietà del governo italiano
al punto tale che il vice ministro Romani ha chiesto un secondo
incontro, a valle del market test svolto dalla Commissione Ue, con
Joaquin Almunia, Commissario europeo alla concorrenza, mentre,
secondo quanto riportato dal Financial Times, l'ambasciatore
italiano a Bruxelles avrebbe condotto un'azione di lobby contro
Sky”.

“E’ necessario che il governo, a iniziare dai ministri Scajola
e Frattini, chiariscano – concludono Zanda e Vita – se non si stia
determinando un palese caso di conflitto d’interessi a favore
dell’azienda del presidente del Consiglio e come mai
l'esecutivo italiano interferisca nell’ambito di una scelta a
livello europeo che ha avuto come principali interlocutori
nazionali le Autorità della concorrenza e delle comunicazioni”.

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