Impeachment ai tempi del web

Qualunque posizione si sostenga sul dibattito sulle gravi accuse che talune parti politiche vanno muovendo al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si deve riconoscere la profonda differenza che la Rete consente, nel bene e nel male, rispetto ad analoghe vicende

Pubblicato il 17 Feb 2014

Qualunque posizione si abbia sul dibattito sulle gravi accuse che talune parti politiche vanno muovendo al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, si deve riconoscere la profonda differenza che il web consente, nel bene e nel male, rispetto ad analoghe vicende. Per le disgrazie di Antonio Segni, a metà degli anni ’60, la fece da padrona la carta stampata e marginalmente radio e televisione. Per Giovanni Leone, nel 1978, la stampa accompagnò le informazioni televisive, imbrigliate nel sistema allora monopolistico della Rai. Dobbiamo concludere che l’esito, dapprima negativo per Leone, fu in qualche modo drogato. Leone infatti, a dispetto di accuse terribili, è stato sia pur tardivamente riabilitato proprio da Napolitano, quando questi ancora non poteva sapere che sarebbe finito a sua volta sulla graticola.

Tanto per Leone quanto per Segni il dibattito parlamentare fu oscurato da quello massmediatico. Poi vi fu il singolare caso di Francesco Cossiga, il quale si sottrasse al giudizio con le dimissioni e con certe sue ambigue trasversalità. Stampa e televisione furono caudatarie.

Oggi la partita è a 360 gradi: parlamento, carta stampata, tv e web sono un tutt’uno, il cui catalizzatore è la Rete, il cui tono sarà determinante per l’esito finale. Quale che sia il verdetto del Parlamento, la sentenza finale della Rete riguarderà sia l’imputato sia l’accusa, senza escludere che le parti fra accusato e accusatore s’invertano, consegnando quest’ultimo alla condanna senz’appello, mentre il Parlamento fa da comprimario. Quale che sia l’esito, incuriosisce e tuttavia preoccupa.

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