NEW MEDIA

Nasce il giornadesigner, è la stampa bellezza

Un po’ giornalisti, un po’ designer: i professionisti dei media sono un mix di competenze. Solo così si possono valorizzare specificità della carta e del digitale

Pubblicato il 01 Feb 2014

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L’ascesa dei media digitali ridisegna il futuro dei media cartacei. New York Times, The Guardian, Usa Today, Eureka (magazine scientifico del Times di Londra) sono solo alcuni esempi di testate “ripensate” per reagire alla sfida di Internet. Il ripensamento – come descritto da Francesco Franchi, art director di IL, magazine del Sole 24Ore, nel suo libro “Designing news, Changing the world of editorial design and information graphics” – vuol dire nuova veste grafica, nuovo modo di presentare i contenuti e nuova organizzazione per il lavoro redazionale. Si tratta non di rinnegare il digitale ma di riconoscere e valorizzare la specificità della carta. “Dobbiamo impegnarci per trasformare la carta in un vantaggio”, afferma Mark Porter, ex direttore creativo del Guardian. “La carta ha caratteristiche uniche: veicola un’esperienza sensoriale insieme all’informazione. La lettura su carta può diventare un piacere in più – senza dimenticare di applicare le competenze nel design alla creazione delle news digitali”.

“Il design deve unirsi a modi nuovi e vecchi di fare giornalismo”, aggiunge Steve Duenes, Graphics director del New York Times. “Il design contribuisce a modificare le piattaforme di pubblicazione per dare notizie in tempo reale e sfruttare la multimedialità, ma anche per presentare al meglio gli articoli di formato tradizionale”. Il digitale ha profondamente modificato la fruizione delle notizie: non distrugge la carta ma le consegna un ruolo nuovo. I lettori hanno meno tempo da dedicare alla lettura, consumano (e creano) continuamente notizie; “Non ha più senso parlare di periodici – afferma Franchi – ma di brand mediatici che distribuiscono storie multicanale: il giornale non è più solamente la sua carta, ma una sineddoche che mediante un marchio (la testata) descrive un intero apparato (la redazione, il rapporto che ha costruito con il pubblico, la visione editoriale, la competenza, l’interpretazione dei fatti)”.

La carta è insomma parte di un tutto in cui sono entrati nuovi dispositivi (tablet e smartphone) e diversi formati (web e app) e i giornali cercano di adeguare i modelli di distribuzione dei contenuti, ma per ridisegnare e ripensare il prodotto editoriale non basta un mero restyling estetico: veste grafica innovativa, contenuti di qualità e tecnologie si devono unire per consegnare un prodotto rilevante su qualunque piattaforma. Così, l’infografica del New York Times (sotto la direzione Duenes) rappresenta un’eccellenza; la rivista Katachi, magazine esclusivo per iPad, ha vinto tre premi ai Digital magazine awards di Londra, anche grazie alla app con cui gli utenti quasi “giocano” con le pagine.Vox Media sta studiando come produrre contenuti longform in modo efficiente su piattaforme elettroniche; Gawker Media lavora a un’idea di giornalismo collaborativo. Anche le pubblicazioni solo cartacee “rinascono”: in Spagna, con magazine che trattano temi di nicchia puntando sulla qualità dei contenuti e della confezione (Tintalibre, Mongolia); in Italia, con esperienze quali Internazionale, settimanale che pubblica i migliori articoli dei giornali di tutto il mondo, o Studio, che ogni due mesi approfondisce argomenti di cultura, moda, design, politica, economia e società, unendo qualità dei contenuti e un modello di business flessibile.

Nel caso di IL (e anche Bloomberg BusinessWeek ha seguito questa strada), “uno dei punti di forza è l’unione tra parte grafica e giornalistica, anche nel senso che i giornalisti hanno iniziato a pensare in modo grafico”, spiega Franchi. “Il design editoriale dà forma a un contenuto, che è la base di tutto. Ma il design è contenuto stesso, perché il modo in cui viene rappresentato fa il paio con l’informazione. L’idea era quella di inserire il modus operandi di uno studio di design in una redazione”.

Nelle redazioni, dunque, il designer acquisisce un ruolo fondamentale: sa di tecnologia e di comunicazione, possiede bagaglio culturale e sensibilità estetica e, grazie alla collaborazione con i colleghi, è la chiave del processo di rethinking. Franchi lo definisce un “editorial-experience designer, capace di operare nel rispetto dei principi dell’editorial design e di quelli della user experience, e poi di oltrepassarli innovandoli”; Duenes dice che i designer devono diventare un po’ redattori e i redattori un po’ designer, perché i primi danno forma nuova alle storie, e i giornalisti, da parte loro, modificano il modo di scrivere e pubblicare per servire al meglio tutte le piattaforme.

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