A volte ritornano. Complici lo sviluppo dei network Lte e la diffusione di smartphone e tablet, dalla Corea al Canada passando per gli Usa, le telco stanno rispolverando il concetto di mobile Tv per riproporla puntando sulle prestazioni del 4G. Già nel 2006, gli operatori tentarono di portare la Tv sui telefonini con la rete Dvb-h. In Italia furono Tim, con Tim Tv, Vodafone, con Vodafone Sky Tv e 3, con La3tv. Oggi soltanto 3 continua a trasmettere in broadcast, ma via Umts e tramite un’app disponibile per iOs e Android. Stesso approccio adottato da Sky, che offre il servizio proprietario Sky go. Se quindi non è da escludere che 3 e Sky possano potenziare le trasmissioni veicolandole sulla rete 4G, resta ancora da capire se Vodafone e Tim hanno intenzione di rientrare nella partita.
“Partita” è una parola fondamentale nel business dei Vas: il canale più seguito di Sky Go è quello sportivo. E il 2 febbraio, in occasione del derby d’Italia Juventus-Inter, un’infrastruttura non adeguata ai numerosissimi contatti registrati per l’evento ha creato un sovraccarico, impedendo a molti utenti di vedere la partita. Sempre il 2 febbraio, è andata meglio a Verizon negli Usa e a Bell in Canada, che hanno testato il broadcast su rete Lte in occasione della 48esima edizione del Super Bowl. I vantaggi riscontrati? Migliore qualità dell’immagine, niente buffering, latenza minore e, in generale, a parità di utenti connessi, minore congestione. Tanto che Bell mobile Tv ha deciso di trasmettere live anche le gare di Sochi che coinvolgevano gli atleti canadesi. Verizon è già in cerca di nuovi partner per estendere i contenuti del suo Multicast Lte dopo aver raggiunto un accordo con il neonato Nfl Now, digital network che fa capo alla lega americana di football. L’unico neo è che per ora molti device, primi tra tutti gli Apple, non sono abilitati alla ricezione. Ma pare che Verizon stia ovviando mettendosi in trattativa con alcuni costruttori automobilistici per integrare la tecnologia alla base del servizionell’abitacolo delle vetture.
La tecnologia, nello specifico, è l’eMbms (evolved multimedia broadcast multicast services), di Ericsson, partner anche dell’australiana Telstra, che a ottobre ha annunciato un test live per l’implementazione del servizio. Ma l’eMbms è pure lo standard adottato in Corea dall’operatore Kt, che ha appena lanciato insieme a Samsung il primo servizio di broadcast su rete 4G, denominato Olleh Lte Play.
Sarà sufficiente a trasformare un flop in un successo? Non ne è convinto Simone Tosoni, docente di Digital media e processi sociali all’Università Cattolica di Milano. “Esistono problemi strutturali legati alla fruizione della Tv in mobilità”, spiega Tosoni al Corriere delle Comunicazioni. “L’idea alla base è che il dispositivo entri nelle pratiche quotidiane dell’utente, inseguendolo e adattandosi. Gli eventi sportivi hanno un pubblico così motivato da riuscire a invertire questo rapporto. Al di là dell’eccezionalità di questi appuntamenti, il modello fruitivo del broadcast mi sembra difficile da armonizzare con l’infinita complessità delle pratiche urbane”.
Che il video sia la nuova killer application pare non ci siano dubbi: se già oggi il 12% dei consumatori guarda video e Tv quotidianamente sullo smartphone, generando circa il 40% dell’intero traffico dati sulle reti mobili a livello mondiale, secondo la Global mobile suppliers association il 2014 sarà l’anno della svolta per l’Lte broadcast, col traffico dati destinato a decuplicare tra 2013 e 2019, trainato proprio dal video, che rappresenterà la metà del traffico.
Anche Tosoni concorda sul fatto che il video on demand guadagnerà sempre più terreno. “La Tv di flusso può invece avere qualche chance nel caso in cui ne venga cambiata la testualità, agevolando modelli e contesti di fruizione attraverso per esempio microtesti o pillole di contenuti. Alla Mtv, per intenderci. Ma considerato che i microtesti possono già essere fruiti on demand, con la possibilità di costruirsi un palinsesto autonomamente, dove sarebbe a questo punto il vantaggio competitivo? Ultimo problema: lo studio dell’audience. Resta ancora molto da fare per studiare il rapporto tra pratiche in mobilità e fruizione di video, sia dal punto di vista teorico sia da quello metodologico”. E questo, nell’ottica di mettere insieme palinsesti e proporre agli inserzionisti un’offerta valida, ha un certo peso.