Non piace a Romani il piano frequenze di Agcom

Il modello adottato dall’Authority per individuare lo spettro da assegnare alle tv è “teorico e non attinente al territorio” anche secondo il viceministro alle Comunicazioni. Che oppone il “no comment” alle ipotesi di successione a Scajola

Pubblicato il 04 Mag 2010

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Piano nazionale frequenze, Agcom è sotto tiro. Non piace alle
emittenti nazionali e locali e neanche al ministero delle
Comunicazioni il modello che l’Autorità per le comunicazioni sta
adottando per identificare le frequenze (assegnabili dal ministero
delle Comunicazioni) alle reti nazionali e locali. Si tratta di un
modello troppo “teorico e privo di attinenza con il territorio”
è la critica allo schema di elaborazione di Agcom mossa dal
viceministro alle Comunicazioni, Paolo Romani, secondo cui la
strada da seguire è la concertazione tra Authority, ministero ed
emittenti. “Finora – ha detto Romani durante il suo intervento
alla Conferenza nazionale sulla tv digitale terrestre a Milano – ci
siamo messi attorno a un tavolo e il 30% del Paese è passato al
digitale con pochi danni e pochissimi ricorsi. Insomma, tutto ha
funzionato al meglio e io mi sono assunto l'onere del
coordinamento internazionale delle frequenze con l'Europa. Con
Autorita' e operatori dobbiamo metterci d'accordo e calarci
nella realtà dei problemi”.

E il modello Agcom non piace neanche alle tv associate in Dgtvi:
“Così non va: rischiamo, invece di convertire i segnali, di
trasferirci nelle aule dei tribunali” dice il presidente Andrea
Ambrogetti. I criteri sono “teorici ed ingegneristici” e “non
corrispondono alla realtà”. Invece il piano “non deve in alcun
modo mettere in discussione le assegnazioni nelle Regioni in cui lo
switch off è stato effettuato”. Le ultime elaborazioni degli
uffici dell’authority “rischiano seriamente – aggiunge
Ambrogetti – di compromettere il cammino fin qui compiuto”.

Anche le locali sono sul piede di guerra. Il modello
“ingegneristico” si prefigura molto diverso da quello – tavolo
fra operatori – utilizzato per l’assegnazione di spettro in
Sardegna o nel Lazio. Ed è un modello che potrebbe riderre gli
asset su cui è stata costruito il business di molte società.
"La realizzazione di reti nazionali in tecnica K-SFN (in
contrasto con quanto la stessa Agcom ha fin qui detto e scritto) –
dice Frt -, toglie alle televisioni locali un numero consistente di
frequenze, peraltro le migliori, per incrementare le coperture di
reti nazionali inesistenti o che addirittura non esisteranno
mai”.

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